Hotel e ristoranti, è giallo Iva. E la stangata fiscale è servita

Più trascorrono i giorni più l’impressione che la prossima legge di Bilancio conterrà una stangata su Irpef e Iva diventa una certezza

Ieri il ministero dell’Economia è stato costretto a chiarire che non ci saranno interventi sull’aliquota Iva agevolata applicata a ristoranti e alberghi, ma, una volta tappata questa falla sul fronte della comunicazione, se ne aprirà un’altra al prossimo vertice di maggioranza sulla riforma fiscale.

È quanto ha circostanziato con chiarezza il viceministro dell’Economia, Pier Paolo Baretta, in un’intervista al Corriere. «Evitando l’aumento dell’Iva abbiamo fatto risparmiare alle famiglie 500 euro, ma abbiamo speso 23 miliardi sui 32 di tutta la legge di Bilancio», ha dichiarato sottolineando che l’esecutivo deve porsi la questione fondamentale: «Ripetiamo la stessa manovra di quest’anno, oppure, avendo la priorità di tagliare le tasse ai redditi medi e bassi, ci ragioniamo sopra? Secondo me dobbiamo studiare anche la riforma Iva».

Ed è proprio in quest’ambito che si insinuano i rumor circa le modalità di intervento della rimodulazione dell’imposta. La parte «aggredibile», infatti, è l’aliquota agevolata al 10%, considerato che quella del 4% si applica a tutti beni di prima necessità. In quest’ottica, è il ragionamento avanzato in ambienti di maggioranza, un intervento su alberghi e ristoranti e su altri consumi di lusso, potrebbe avere un impatto minore sul contribuente medio colpendo, da una parte, i turisti stranieri e, dall’altra, coloro che possono «permettersi» di andare fuori a cena più volte al mese. Ogni punto percentuale in più assicurerebbe, in questo caso, un gettito aggiuntivo di 1,5 miliardi. In teoria, però, visto che gli aumenti di imposta tendono a comprimere il potere d’acquisto e dunque la capacità di spesa. «Una ipotesi che andrebbe a penalizzare anche la famiglia che va al ristorante o in pizzeria una volta a settimana», ha commentato Maurizio Leo (Fdi), mentre Confturismo e Federalberghi hanno bocciato la proposta poiché «danneggerebbe il sistema».

La levata di scudi ha costretto il ministero dell’Economia a smentire le ipotesi di revisione dell’aliquota e, con esse, pure il viceministro Baretta. «Notizie prive di qualsiasi fondamento», hanno spiegato fonti di Via XX Settembre rilevando che «il lavoro per la semplificazione e riduzione della pressione fiscale è focalizzato sull’Irpef».

Anche questo paradigma è foriero di incremento di tassazione in quanto la maggioranza, come dichiarato dallo stesso ministro Roberto Gualtieri, ha l’obiettivo di alleviare il carico fiscale sui redditi medio-bassi sulla falsariga del taglio del cuneo fiscale fino a 40mila euro di reddito lordo annuo in vigore dal prossimo luglio. Ciò significa spostare parte del carico fiscale sui reddito medio-alti visto che la manovra 2021 parte da un’ipoteca di 20,1 miliardi rappresentata dalle clausole di salvaguardia su Iva e accise (27,1 miliardi nel 2022). Inoltre non c’è accordo sulle modalità di intervento. Leu propone la riforma dell’aliquota unica progressiva nel senso che al variare del reddito si perdono bonus e detrazioni pagando più imposte ma con il numero delle aliquote complessivamente si riduce, come avviene in Germania. Italia viva, invece, punta tutto sulle tax expenditure, ossia su una sforbiciata ex ante agli sconti fiscali il che comunque implicherebbe un aumento della tassazione. Infine, c’è il Pd che ha in Gualtieri la sua punta di diamante e che non ha ancora scoperto le carte anche se il partito di Zingaretti si colloca a metà strada tra gli alleati di governo.

In ogni caso, la discussione dovrà tradursi in un ddl delega di riforma fiscale da approvarsi prima del varo del Def e il tempo già stringe. L’interrogativo di Baretta («Ripetiamo la stessa manovra di quest’anno?») potrebbe anche prevedere una risposta affermativa.

il giornale.it

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