Igor Sechin, il “cardinale” di Putin, boccia l’euro

“In 20 anni l’euro non è mai riuscito a fare concorrenza al dollaro”. Il pensiero di Igor Sechin, uno degli imprenditori e petrolieri più vicini a Vladimir Putin, sfiora anche gli affari di casa nostra.

Se non altro perché la disamina presentata dal Ceo di Rosneft, oltre ad interessare gli equilibri geopolitici che intercorrono tra Usa ed Unione Europea, è condivisa anche dagli eurocritici e dagli euroscettici che operano all’interno del Vecchio Continente.

Il tema, quello affrontato in maniera generale, è quello degli equilibri geo-economici. L’occasione per dire la sua, invece, Sechin la ha avuta “grazie” al XII Forum Economico Eurasiatico di Verona. E il “cardinale di Putin”, così com’è stato definito in più circostanze, ha rispettato le attese, distribuendo giudizi incisivi sullo stato di salute dell’economia internazionale.

Il metodo utilizzato è ricco di deduzioni richieste: Igor Sechin ha anzitutto domandato agli astanti se il monopolio del dollaro convenga ancora o no: “Il dollaro può continuare a restare valuta mondiale e di riserva? Possiamo fidarci degli Usa, dal punto di vista della stabilità e della sostenibilità?”, si è chiesto, stando pure a quanto riportato dall’Adnkronos. In relazione a questa valutazione, entra in gioco il fattore euro, che per l’amministratore delegato sessantenne sembra aver rappresentato un’opportunità persa o comunque un’occasione non giocata come si sarebbe potuto: “La quota di euro nelle riserve valutarie nelle Banche Centrali è oggi circa del 20%: è scesa di circa l’8% rispetto a 10 anni fa. Un contrasto stridente con il dominio Usa, con il dollaro che copre circa il 62% delle riserve, tre volte quelle europee, a fronte di una fetta dell’economia statunitense su quella globale pari al 24%”.

Gli Stati Uniti, insomma, non hanno concorrenti credibili: marciano indisturbati. Per Sechin vale anche la pena tenere a mente il ruolo che gli States continuano a giocare nei confronti del sistema bancario, con tutto quello che ne consegue, secondo la sua visione del mondo, in termini di “influenza”.

Ma non è solo la situazione dominante della nazione governata da Donald Trump ad essere stata sviscerata in maniera certosina durante la kermesse veronese. Pure il Fondo monetario internazionale è stato chiamato in causa dal Ceo di Rosneft, per via presunta prossimità tra quello che l’Fmi mette in campo e quello che gli Usa ritengono essere i loro “interessi”. Uno appiattimento, insomma, che per Sechin è più che tangibile.

il giornale.it

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