Mario Draghi al bivio: rassegnare le dimissioni o restare a Palazzo Chigi

Il premier Mario Draghi “si sarebbe rotto le scatole“. Queste sono le parole utilizzate dal giornale online Dagospia, fondato da Roberto D’Agostino per descrivere lo stato d’animo attuale del presidente del consiglio dei ministri.

L’economista si troverebbe di fronte ad un bivio, dovendo decidere se restare a Palazzo Chigi o rassegnare le sue dimissioni. La leadership governativa di Mario Draghi, secondo Dagospia, sarebbe stata messa in discussione da problemi e incidenti di percorso che l’ex governatore della Bce, presumibilmente, non aveva considerato.

Le parole di Dagospia

Dagospia ha specificamente riportato queste parole: “Ogni settimana un rospo da ingoiare. A partire dal centro-destra, è inpensabile che tre partiti completamente diversi, di cui due al governo e l’altro all’opposizione,chiedano di andare tutti insieme,come tre porcellini, a battere cassa a Palazzo Chigi. Coerenza e dea ragione impongono che Draghi riceva da parte Fratelli d’Italia, che è serenamente all’opposizione”.

Il premier sarebbe spinto verso il bivio anche per via della Manovra finanziaria e dello scettiscismo mostrato da alcuni colleghi europei. Il presidente del consiglio, recandosi a Bruxelles, avrebbe ricevuto una serie di battute dai politici europei e domande del tipo “Come mai hai in maggioranza un partito come la Lega che vota a favore del muro anti-migranti proposto dai sovranisti polacchi?”.

Il premier deve fare i conti anche con problemi interni, con inefficienze e ritardi. A ciò si aggiungerebbe lo scontento dell’operato di alcuni ministri tecnici come Vittorio Colao, Roberto Cingolani ed Enrico Giovannini, rispettivamente ministro per l’innovazione tecnologia e la transizione digitale, ministro della transizione ecologica e ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile.

E come se non bastasse, ci sarebbe la questione legata a Monte dei Paschi di Siena, tutta di marca Pd . A riguardo Dagospia scrive che il responsabile del naufragio della trattativa con Unicredit si chiama Alessandro Rivera. Il premier accusa il direttore generale del Mef, che si è fatto affiancare da ben due advisor (bank of America e Mediobanca) di essersi fatto infinocchiare da Andrea Orcel, un banchiere avilissimo che convinse allìepoca Mps ad acquisire a peso d’oro Antoveneta, da cui iniziò il declino della Banca di Siena. E l’italia è obbligata dall’antitrust europeo a uscire da Mps entro l’anno. Draghi, assicura Dagospia, è rimasto senza parole quando ha letto la gioia di Enrico Letta, neo-eletto a Siena: “Il Tesoro ha fatto bene, Unicredit voleva una svendita”.

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