L’Università di Manchester adotta la neolingua: non dire “madre” o “padre”, non dire “lei” o “lui”

La neolingua del politicamente corretto uccide le identità. E in particolare mira a cancellare lo specifico femminile. Lo dimostra l’iniziativa dell’Università di Manchester che ha chiesto ora al personale di non utilizzare più i termini “madre” e “padre” per evitare pregiudizi.

Università di Manchester, la guida alla neolingua

Il “comitato per l’uguaglianza, la diversità e l’inclusione” ha distribuito una guida al nuovo linguaggio neutro con relative sostituzioni. Tu o loro / non lui o lei. Persone o individui / non uomini o donne. Colleghi / non signore e signori. Genitore o tutore / non madre o padre. Partner / non marito o moglie.

Questa è una guerra di civiltà

L’inclusione naturalmente non c’entra nulla. Questa è una guerra di civiltà che attraverso il linguaggio vuole imporre una nuova visione del mondo. Un mondo in cui abitano corpi neutri e disancorati da ogni normatività che non sia dettata dal mero piacere o dal solitario consumo. L’esempio dell’Università di Manchester in questa direzione è davvero calzante.

Altri esempi di “cancel culture”

Il Foglio fa altri esempi: “In Francia sono arrivati ad abolire la Festa della mamma. La scuola elementare Yves Codou, nel comune di La Mole, ha celebrato la “festa dei genitori”. In Italia pensavamo di essere al riparo da questo delirio anglosassone, ma sui documenti degli under 14 è in vigore la dicitura “genitore 1 e 2”. La punta più avanzata di questa farneticazione culturale si trova negli asili di Stoccolma, dove si usa il pronome neutro “hen”. L’Università di Leicester è arrivata ad annunciare di volere rimuovere “I racconti di Canterbury” di Geoffrey Chaucer e altri classici della letteratura medievale per sostituirli con dei moduli su gender e razza”.

Commenta il giornalista e scrittore Giulio Meotti: “Serve una rivolta contro le fregnacce perbeniste dei progressisti o bruceranno i neuroni dei nostri figli e nipoti e li convinceranno che 2+2 fa 5 e che veniamo tutti dalla “cicogna inclusiva”

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