Oggi ci sono le elezioni. Ma il risultato già si sa: il governo rimarrà attaccato alla poltrona

Oggi e domani gli italiani sono chiamati a votare. Ci sono il referendum sul taglio ai parlamentari e le elezioni in sei regioni (Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia). Logica vorrebbe che, in caso di disfatta delle forze della maggioranza, il governo giallofucsia la facesse finita con questa farsa e se ne andasse a casa. E invece, molto probabilmente, nulla di tutto questo succederà. Perché l’Italia politica non è più quella di 20 anni fa: nel 2000 Massimo D’Alema si dimise da presidente del Consiglio per aver perso le elezioni 7-8. Oggi, al contrario, dem e pentastellati difficilmente sloggerebbero anche di fronte a un 1-5.

Il referendum e il M5S

Il referendum, parliamoci chiaro, è quello che conta meno. O comunque conta solo per i 5 Stelle. Che infatti sono gli unici ad aver fatto campagna elettorale per il Sì, anzi ad aver campagna elettorale tout court. Quindi il risultato, qualunque esso sia, non farà né caldo né freddo alle altre forze politiche. Qualora dovesse prevalere il No (molto difficile), al massimo ci sarà un piccolo terremoto all’interno del M5S: Di Maio dovrà accantonare i suoi sogni di riprendersi la leadership del partito, e qualcuno potrebbe essere tentato di «tornare alle origini», cioè, di fatto, all’opposizione. Ma non accadrà: le poltrone – che vogliono tagliare – fanno troppo gola all’esercito di Carneadi pentastellati.

Occhi puntati sulle elezioni in Toscana

Con la Campania destinata a rimanere in mano allo «sceriffo» De Luca e al Pd, l’ultima ridotta dei dem è la Toscana: roccaforte storica sì, ma anche feudo renziano. Il candidato Giani, uomo di Renzi rimasto nel Pd, è stato un compromesso, ma rischia di compromettere le elezioni: figura scialba, se la giocherà fino all’ultimo in un testa a testa con la Ceccardi. Qualora dovesse spuntarla la leghista, il Pd non dovrebbe comunque aprire la crisi di governo. Al massimo salterà la testa di Zingaretti, ennesima mezza figura scelta da un partito che, dopo Berlinguer, non ha fatto altro che mozzar capi e bruciare leader. Del resto, accettando la coabitazione con i grillini, gli obiettivi dei dem sono sempre stati due: eleggere il presidente della Repubblica e fare una legge elettorale – una sorta di proporzionale – che vada a puntellare il suo status di secondo partito. E la sopravvivenza val bene una Toscana.

Valerio Benedetti

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