“Isolarsi non è sufficiente”. L’ipotesi tamponi di massa

La speranza di tagliare i tempi di un isolamento nazionale a causa del Covid-19 è racchiuso nei tamponi. Quelli che attualmente, in Italia, vengono effettuati in ospedale solo sulle persone che presentano i sintomi del virus.

Di questi positivi, i meno gravi vengono tenuti a casa, fino alla guarigione. Ma il tampone non si effettua a chi sta intorno al malato, ai familiari, agli amici, a tutti quelli che il paziente ha incrociato prima che la malattia venisse allo scoperto. E dunque, quanti di questa cerchia di persone saranno stati contagiati? Nessuno lo sa. Da qui l’accorato appello di molti esperti di fare di più, oltre all’isolamento. Molti pensano che il test vada esteso ad intere collettività.

PIÙ TAMPONI AL SUD

«Il distanziamento sociale è importante, ma è ora di dare una svolta, dobbiamo fare qualcosa di più – spiega Massimo Galli, direttore malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano – Soprattutto farei un lavoro capillare in qualsiasi città del centro-Sud in cui ci sono dei focolai. Per ogni positivo, cioè, bisogna cercare i contatti che ha avuto, e se il positivo vive in una casa con otto fratelli, padre madre e nonna, devi spostarlo in un luogo sicuro e nello stesso tempo devi seguire tutti i familiari o quelli che sono venuti a contatto con lui per capire se compaiono anche tra loro dei sintomi».

IL METODO COREANO

Il virologo Fabrizio Pregliasco spinge, come Galli, per un uso più esteso e mirato, del tampone. «Abbiamo superato la fase convulsa di approccio alla malattia, ora dobbiamo spegnere il prima possibile tutti i focolai con una massiccia esecuzione dei tamponi da effettuare soprattutto al Sud dove ci sono focolai ben definiti. Lì si può applicare lo stesso modello coreano dove il virus è stato bloccato mettendo in quarantena il 70% dei contatti di un positivo al Covid». Ma in Italia è fattibile? «La Corea – aggiunge Preglisco con la geolocalizzazione hanno mappato i casi indice e poi hanno dato disponibilità di spazi a persone da isolare requisendo anche alberghi. Da noi sarà possibile tutto questo?».

TAMPONI A DOMICILIO

La Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) della Lombardia, suggeriscono come misura decisiva per il rallentamento dei contagi l’esame del tampone effettuato a domicilio sia a tutti i soggetti sintomatici, per non intasare gli ospedali, sia a quelli con la polmonite che possono avere anche il Covid.

I RISCHI DEI TAMPONI

Ma i tamponi hanno limiti. Alcuni che stanno incubando potrebbero risultare negativi e nel frattempo contagiare perché non si sa esattamente da quando si comincia ad essere infettivi. E le perplessità di allargare la cerchia di chi deve fare tamponi sta anche nei risultati non attendibili. «Ogni tipo di test diagnostico ha piccoli margini di errore di riconoscere i malati o i sani ammette Pregliasco -. C’è sempre una quota di falsi positivi e falsi negativi rispetto ai risultati della singola persona». Per esempio, si può essere negativi o positivi al virus a seconda del giorno in cui si fa il tampone durante l’Incubazione (che po’ durare fino a 14 giorni). E in questo modo si danno false speranze a una persona che da positiva diventa infettiva anche senza particolari sintomi.

I COSTI

Ogni tampone, dal prelievo con un cotton fioc dal naso e gola, all’elaborazione finale costa dai 25 ai 40 euro. E’ un esame rapido e indolore che avviene con un bastoncino cotonato con cui si preleva del muco. Che poi viene immerso in un gel e inserito in una provetta. In laboratorio attraverso una tecnica chiamata «reazione a catena della polimerasi» (PCR) viene rilevata o meno la presenza di un patogeno, come appunto il coronavirus. Questa procedura può richiedere fino a 4 ore mentre i test diagnostici più veloci possono analizzare otto campioni alla volta in 40 minuti.

il giornale.it

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