Coronavirus, Italia già isolata dall’Ue: la verità, siamo già fuori dell’Europa

Sapete chi è Stella Kyriakidou? Tranquilli, non lo sa nessuno. Eppure è una delle persone che in questo momento dovrebbero più far parlare di sé, trattandosi della commissaria europea alla Salute. Il compito di questa 64enne cipriota, secondo il mandato datole da Ursula von der Leyen, consisterebbe nell’«aiutare gli Stati membri a migliorare qualità e sostenibilità dei loro sistemi sanitari.
Trovare modi per migliorare informazioni, competenze e scambio di buone pratiche».
Dovrebbe garantire che la regolamentazione consenta di «affrontare le nuove sfide emergenti». Tutto quello che non è stato fatto nei giorni del grande contagio, insomma. Tanto da far dire a Gianni Rezza, dell’ Istituto superiore di sanità, che «una reazione più decisa della Ue sarebbe stata auspicabile».

La colpa non è dell’ euroburocrate ignota, ma dell’ Unione. Che ancora una volta, nel momento del bisogno, per gli italiani si rivela un ectoplasma. Non c’ entra il fatto che i poteri in materia sanitaria siano rimasti (per fortuna) in capo ai singoli governi: quella è la scusa che i fautori del super-Stato europeo sfoderano in casi come questo, per far credere che una maggiore integrazione, fino alla definitiva scomparsa della sovranità nazionale, risolverebbe tutti i problemi (come se i tedeschi e gli olandesi smaniassero per sostenere il nostro sistema sanitario con le loro tasse).
Quella che abbiamo davanti è una banale questione di «coesione economica, sociale e territoriale» e di «solidarietà tra gli Stati membri»: valori messi per iscritto nel trattato di Lisbona, su cui si fonda l’ Unione europea. Esistono, fuori dalla retorica di quelle carte? No, non ce n’ è traccia, e i primi a negarli sono proprio gli Stati favorevoli a una maggiore unificazione, europeisti e solidali solo a parole.

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