Si scambiano generi di prima necessità ai checkpoint di Codogno

Il coronavirus sta mutando rapidamente il volto dell’Italia, dove assiste a scene che prima di oggi abbiamo visto solo in televisione, nei film o nei telegiornali ma sempre lontano da noi.

Le zone più colpite sono quelle della bassa Lombardia, la bergamasca e il bresciano ma, a macchia d’olio, il coronavirus ha colpito con violenza tutto il nord Italia e con meno intensità il sud Italia.

L’unica zona rossa attualmente presente nel nostro territorio è limitata a una frazione del lodigiano, nell’area attorno a Codogno dove gli esperti hanno individuato il focolaio italiano. Proprio il delizioso borgo della lodigiana, finora sconosciuto ai più, è suo malgrado salito agli onori della cronaca nelle ultime settimane perché da lì pare sia partito il maggior numero di contagi che ha coinvolto l’Italia. È stato il primo paese a subire la quarantena totale e a veder bloccati i suoi confini per evitare che cittadini poco responsabili violassero le misure contenitive imposte dal governo.

Il coronavirus a Codogno ha rivoluzionato in poche ore una cittadina di quasi 16mila abitanti. Da un momento all’altro sono state chiuse fabbriche e negozi, bar e locali per l’intrattenimento e la popolazione è entrata in una sorta di limbo. Le prime ore sono state le peggiori per il paese, che ha dovuto riorganizzare rapidamente la sua struttura sociale per non implodere e così, dopo qualche giorno, sono stati riaperti i supermercati e le piccole attività commerciali, che forniscono beni di prima necessità per la sopravvivenza del paese.

La quarantena di Codogno e degli altri centri limitrofi, undici in tutto compreso l’epicentro del focolaio per un totale di circa 50mila persone, ha innescato una serie di situazioni che riportano a racconti lontani, di un’Italia che si pensava non esistesse più. Il coronavirus ha diviso le coppie, ha interrotto fidanzamenti, separato genitori dai figli, che per svariati motivi non si trovano nella stessa città. Sono tanti i matrimoni che sono stati annullati da quando è stata delineata la zona rossa, tante le persone che non possono andare a trovare i propri cari. Le città sono vigilate, ogni ingresso e ogni uscita ha un suo checkpoint presidiato dai militari armati, garanzia del contenimento e del rispetto della zona rossa e della quarantena.

Nessuno può entrare e nessuno può uscire dalla zona rossa, a meno che non si tratti dei rifornimenti di generi di prima necessità che ogni giorno valicano il confine invisibile per rifornire le attività commerciali e garantire il sostentamento alla città. Nessuno può varcare il limite della zona rossa senza essere controllato dai militari, rigorosamente muniti di guanti e mascherine per tutelare se stessi e gli altri. Ci sono anche momenti di tenerezza alla frontiera, genitori che accompagnano i loro piccoli a vedere cosa sta succedendo in città, perché si sa che ciò che non si conosce fa sempre più paura. Ci sono madri, padri, sorelle e amici che portano piatti pronti, abiti e quant’altro dal di fuori della zona rossa ai loro cari che stanno in quarantena. Loro non possono entrare, non ci possono essere contatti. Sono i militari che svolgono l’originale ruolo di ambasciatori. Chi proviene dal di là del confine consegna i pacchi al posto di blocco o lo lascia per terra e chi vive all’interno della zona rossa lo riceve dalle loro mani o, in alternativa, si avvicina a ritirare quanto gli è stato portato solo dopo che la persona si è allontanata.

È un’Italia diversa, scossa e spaventata da qualcosa che non ha previsto e che non pensava di poter vivere con questa intensità ma è un’Italia che non si arrende e che con coraggio e fatica non si lascia andare ma combatte unita per rimanere in piedi, speranzosa di vedere presto la fine di quello che, alla fine, ricorderemo solo come un brutto sogno. Emergenza coronavirus, scambio di beni al checkpoint di Codogno

il giornale.it

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