Se la donna non è di sinistra si può offendere

Magari a malincuore, questa volta l’opinione pubblica (se non tutta quasi tutta) si è vista costretta a schierarsi dalla parte di Giorgia Meloni, insultata a raffica da Oliviero Toscani in radio durante La Zanzara.

Non illudiamoci però che la leader di Fratelli d’Italia, senza dubbio di destra e senza dubbio nazionalista abbia trovato solidarietà bipartisan in quanto persona, prima ancora che donna. Si fosse limitato agli epiteti «brutta» e «volgare» il tutto si sarebbe risolto con la solita perfida ironia a nascondere una marachella, un peccato veniale, il solito rigurgito di sessismo nel quale noi maschi italiani tendiamo spesso a cadere, indipendentemente dalle nostre idee politiche. La parola che infine ha spostato gli equilibri è quella «ritardata» che avrebbe trovato tutti d’accordo: non si deve dire. Ritardata non c’entra con l’aspetto fisico, o comunque in parte, è una patologia, una disgrazia, un handicap, una tragedia, dunque questo termine insulta davvero troppa gente ed è intollerabile persino se riferito a un esponente della destra, che secondo alcuni, troppi, merita lo scherno a prescindere. Giorgia Meloni, purtroppo, è stata spesso bersaglio di insulti e francamente non capisco il perché: è gradevole d’aspetto, un bel viso e poi l’altezza in una donna non è tutto. Un tipo interessante insomma. Le contumelie certo fanno male, infastidiscono e addolorano, però dipende molto da chi le pronuncia. Quando Asia Argento la definì «lardosa fascista» ci fu solo da provare pietà per l’attrice (?) e la sua spasmodica ricerca di un palcoscenico da cui è stata estromessa e dove di tanto in tanto è richiamata come fenomeno da baraccone. Oliviero Toscani, invece, è un’altra cosa e ha davvero ragione Mariastella Gelmini, quando dice che quelle parole non fanno un buon servizio alla sua storia. Vero, perché Toscani (radicale e pannelliano, non piddino) ha cambiato l’estetica della pubblicità in Italia, alzando pericolosamente i toni su tabù come la malattia, l’omosessualità, la chiesa, la violenza. Beccandosi accuse di chocvertising, stop dal gran giurì, spesso contro la morale comune eppure eccezionale innovatore. Ha capito in anticipo, Toscani, che il mondo stava andando verso la volgarità, il turpiloquio, l’insulto, la scorrettezza, tecniche messe in campo nelle sue foto e di cui gli insulti alla Meloni (ma va precisato, anche a Matteo Salvini), non sono che la diretta conseguenza del suo modo di intendere la professione di pubblicitario. Nessuna differenza insomma con chi ebbe a schernire Rosy Bindi e la ministra Kyenge, accusato dal politicamente corretto di sessismo e razzismo. Va detto però, nei confronti di due figure sciagurate, talmente incapaci da utilizzare scientemente il proprio aspetto come arma per mascherare la conclamata incapacità. Ma va altrettanto precisato che mai nessuno si permise, nella storia, di offendere Nilde Jotti e persino nei confronti di Laura Boldrini, che pure scempiaggini ne ha dette e fatte, non ci fu mai accanimento particolare, trattandosi in entrambi i casi di belle donne. Bisognerebbe allora che qualcuno dicesse che noi maschi siamo tutti uguali. E che il nostro tempo, complice la pattumiera a cielo aperto dei social, ci ha resi un popolo volgare, coatto, maleducato, indifendibile. Per una volta sembrano tutti dalla parte di Meloni, ma con riserva. E Toscani non ha visto bene: Giorgia non è brutta, non è ritardata, in quanto a volgare… beh è di destra, ça va sans dire.

il giornale.it

 

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