Quella profezia di Bettino: “L’euro impoverirà l’Italia”

Col senno di poi paiono profezie. Fra gli anni Ottanta e Novanta Bettino Craxi tornò più volte sull’Europa e sull’euro, mettendo in guardia dalla retorica delle magnifiche sorti e progressive.

Craxi osservava con la matita rossa limiti e scricchiolii di un’integrazione complessa e difficile e lanciava avvisi ai naviganti quasi sempre caduti nel niente. Temi spinosissimi che affiorano dalle pagine del libro Uno sguardo sul mondo, in uscita da Mondadori il 9 ottobre: una raccolta degli appunti e degli scritti di politica estera del leader socialista scomparso nel 2000. Più alcuni documenti internazionali su di lui. In quelle pagine c’è un po’ di tutto. Gli euromissili e i rapporti fra de Benedetti e l’Urss. Il nodo iracheno e il ruolo dell’Italia nell’Alleanza atlantica. Il caso Ocalan e l’eterna crisi mediorientale. Ma quel che più colpisce è il corposo capitolo che riguarda il cantiere europeo. Craxi, con le sue potenti antenne, elabora in anticipo le critiche che oggi sono diventate moneta corrente e pone domande cui nessuno finora ha risposto.

L’euro non sarà un miracolo

Fra l’86 e l’88, come nota Nicola Carnovale, segretario della Fondazione Craxi e autore della prefazione, il leader Psi «torna a riflettere sulla fanfara europeista italiana mettendo a fuoco i limiti e pericoli rappresentati da una visione acritica dell’Europa». «Euforia ulivista in Italia – ironizza Craxi nelle sue carte – Il candidato della Spd alla cancelleria Gerhard Schröder è di tutt’altro avviso. E Craxi riprende le sue parole: «L’Unione monetaria fatta in modo precipitoso è condannata a una nascita prematura, malaticcia». Ancora, sempre giocando il paragone con il bebè in fasce: «Perché un piccolo nasca e faccia la gioia dei suoi genitori, noi dobbiamo curare rapidamente le condizioni politiche adeguate e innanzitutto degli standard paragonabili in materia di politica fiscale, sociale e dell’ambiente. Diversamente – prosegue Craxi – si porrà il problema della concorrenza: chi è pronto a lavorare per salari più bassi e peggiori prestazioni sociali?»

L’Europa è in ritardo

Ma non è solo l’euro che sbanda prima di venire al mondo. È l’Europa ad essere in ritardo, come il segretario del Psi sottolinea in un convegno del Pci nell’aprile ’88: «Sarà difficile per tutti porre argine a ridurre le sacche della disoccupazione se non si vaglierà adeguatamente tutta l’importanza della dimensione sociale nel processo di integrazione economica. Rispetto a questi problemi tutta l’Europa è in ritardo e la stessa scadenza del 1992, con l’attuazione del mercato unico, non fa che sottolineare la necessità e l’urgenza di una rinnovata attenzione ai problemi dell’europeismo».

La paralisi europea

«I dirigenti europei – scrive Craxi – hanno tenuto un vertice per quasi niente». Sembra il 2018 e invece siamo all’indomani del Consiglio europeo tenutosi a Vienna l’11 e il 12 dicembre 1998. Craxi è sferzante: «Uno spruzzo di sociale. Un giro di pista sul finanziamento della Comunità. Qualche accenno alla detassazione e un pranzo con i candidati all’ingresso nell’Unione». Non c’è altro da segnalare. Ma per l’allora primo ministro lussemburghese e oggi numero uno della Commissione Jean-Claude Juncker «non si può inventare il mondo tutti i giorni». Certo, il problema è se non si inventa mai niente. Così si va avanti con discussioni defatiganti su dossier specifici che peraltro erano stati già trattati anni prima, come «la soppressione delle vendite non tassate negli aeroporti». L’Europa viene su sempre più storta.

Il golpe in Russia del ’91

Craxi segue mille intrecci e trame. I suoi appunti scrutano anche il tentato golpe dell’agosto 91 contro Gorbaciov e i suoi riflessi italiani. «Sembra incredibile – annota Bettino – ma uno dei primi ad accettare il colpo di Stato in Urss del 19 agosto, senza un minimo di indignazione e emozione, non fu il Pds ma invece Romano Prodi, l’ex presidente del consiglio… In ogni caso Prodi aveva eccellenti rapporti anche con gli uomini che avevano organizzato il golpe». A cominciare da Valentin Pavlov. Il golpe, che fallirà, è in corso, ma Prodi sul Corriere della sera, si sbilancia: «Conosco bene Pavlov. Mi aspetto entro pochi giorni passi decisivi per quanto riguarda la gestione dell’economia». Craxi è sorpreso: «La posizione serafica di Prodi o era un atteggiamento di leggerezza e placida ignoranza o era solo e soltanto manifestamente e calcolatamente interessata».

Il Dipartimento di Stato americano: il fattore Craxi

Nel 1987 (presidente Ronald Reagan) il dipartimento di Stato riceve un rapporto confidential da John W. Holmes, il numero due dell’ambasciata Usa a Roma. Il titolo del documento è The Craxi factor. Il fattore Craxi. C’è stato di mezzo il dirottamento dell’Achille Lauro e il braccio di ferro con Washington a Sigonella, ma il giudizio è positivo: «Gli anni di Craxi come primo ministro hanno visto un evidente miglioramento delle condizioni politiche ed economiche dell’Italia. Craxi non ha creato questo miglioramento (sebbene abbia contribuito), ma lo ha compreso, gli ha risposto e lo ha espresso forse meglio di qualsiasi altro leader italiano».

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