Boom di casi under 18. I governatori al Cts “Meglio scuole chiuse”

Per ora la chiusura delle scuole riguarda singoli istituti in quarantena o in zona arancione scuro o rossa, da Bolzano a Napoli, da Brescia a parte della Liguria.

Ma, se i dati dovessero peggiorare, potrebbe essere estesa a province o regioni.

Il tema non sarà uno dei punti dell’imminente dpcm ma i presidenti di alcune regioni (Veneto, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Campania), temendo i focolai della nuova variante inglese tra i giovani, chiedono al Cts di verificare gli effettivi rischi e di pronunciarsi al più presto. Solo in Lombardia 667 tra i nuovi positivi hanno meno di 18 anni, in particolar modo nel milanese e nel bresciano.

A proporre di tenere le scuole chiuse, durante la riunione di ieri tra governo e Regioni, è stato per primo il governatore pugliese Michele Emiliano che, dopo un tira e molla tra Tar e Regione, ha emanato una nuova ordinanza con cui si dispone fino al 14 marzo la didattica digitale integrata al 100% per le scuole pugliesi di ogni ordine e grado. «Se volete riaprire la scuola – incalza – dovete vaccinarla. Non utilizzare la Dad in questa fase è un’omissione delle misure di sicurezza estremamente grave e rilevante in caso di incidente sul lavoro». A sostenere la posizione di Emiliano è il suo assessore alla Sanità Pier Luigi Lopalco: «Questo è un momento molto delicato e le scuole sono un volano per il virus. Purtroppo è stata fatta una questione ideologica e politica e ogni volta che facciamo un’ordinanza viene impugnata da un gruppo di genitori, da un’associazione. Ma questo è un momento delicato, siamo ad un bivio». «Chiedere la riapertura delle attività economiche e la chiusura delle scuole è una contraddizione di fondo» ha ribattuto il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini. «Sulle chiusure si valuterà giorno per giorno la situazione epidemiologica» ha invece spiegato il ministro alla Salute Roberto Speranza.

La linea ufficiale è quella di voler gestire le chiusure là dove i numeri supereranno le soglie di allarme ma (per il momento) è esclusa una decisione uguale per tutti. Fondamentale per scandire le aperture e chiusure «è un’evidenza scientifica che consenta di ponderare l’impatto della scelta e prendere decisioni consapevoli, senza penalizzare attività che non comportano un ampio rischio di contagio» commenta il Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. «Vogliamo dati certi sull’impatto del virus a scuola, solo così potremo evitare la terza ondata» sprona Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni e dell’Emilia Romagna, dove è stata decretata la zona arancione rinforzato nell’area metropolitana di Bologna. A chiedere dati agli esperti del Cts è anche il presidente del Veneto Luca Zaia che a gennaio non ha aperto le scuole e ha chiesto il 50% delle presenze in aula fino al 5 marzo. Ora che la data di scadenza del suo provvedimento si avvicina, deve avere in mano i numeri per decidere il da farsi per gli studenti veneti. Sembra tuttavia esclusa una chiusura totale degli istituti.

«Bisogna decidere in base alle evidenze del contagio» sostiene Giovanni Tori, presidente della Liguria, dove le scuole sono chiuse da Ventimiglia a Sanremo. «Non sono per chiudere le scuole a prescindere – spiega -. Sto discutendo con il rettore di Genova anche di riaprire parzialmente l’università. Io ascolto con grande attenzione chi lavora nel mondo della scuola, credo serva un po’ di ordine».

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