I letti vuoti Covid non sono utilizzabili dagli altri malati. “Attese sulle barelle durano giorni”

«I pazienti Covid non ci sono più, ma ora non sappiamo dove mettere quelli non Covid, perché gli ospedali sono tutti Covid» e i letti per gli «altri» malati – quelli di cui ci si è dimenticati da quando è iniziata l’epidemia – «sono nettamente insufficienti».

E’ la clamorosa rivelazione – riportata in esclusiva da Agi – di Marco Bordonali, direttore del pronto soccorso dell’ospedale milanese San Giuseppe. Il dottore racconta di pazienti non-Covid parcheggiati per giorni e giorni sulle barelle, e paradossalmente  proprio per effetto della diminuzione dei contagi. «Un vero paradosso, un rovescio della medaglia» che non riguarderebbe solo il san Giuseppe ma sarebbe esteso anche alle altre strutture ospedaliere della città.

Letti Covid monopolizzano le strutture ospedaliere

Perché questi letti non si possono riutilizzare per ospedalizzare i pazienti che non arrivano per il Covid? L’arcano è presto svelato: «L’area Covid, dove sono arrivato a mettere anche 16 persone anche se è programmata per una decina – spiega – è completamente vuota». Ma «non la posso usare, perché se mi dovesse arrivare un paziente Covid non potrei ‘mischiarlo’ a quelli che hanno altre patologie».

Barelle ferme da giorni

La conseguenza di questo paradosso è «un casino terribile nel corridoio e barelle ferme da tre giorni». La maggior parte «sono gli anziani, per esempio affette da scompenso cardiaco o da tumore». Una situazione ulteriormente aggravata dalla stagione in corso, dal momento che «i pronto soccorso che si riempiono a causa di patologie legate al clima, come le polmoniti batteriche. Da metà dicembre a metà gennaio siamo sempre pieni ma quest’anno ho a disposizione metà del pronto soccorso. Se dovesse arrivare un altro picco Covid, sarebbe il delirio».

L’ospedale è mezzo vuoto ma i letti Covid non si toccano

Bordonali evidenzia alcune anomalie rispetto alla prima ondata. «Nella prima fase il numero dei pazienti Covid era calato in modo più graduale, questa volta repentinamente», spiega. «Non mi è ben chiaro per quale ragione, e poi il vantaggio è che si andava incontro alla primavera, periodo tradizionalmente meno impegnativo per noi». Il medico riferisce di essersi messo in contatto con le altre strutture ospedaliere per sincerarsi della situazione. «Abbiamo l’ospedale mezzo vuoto, abbiamo chiesto di riaprire ai malati non Covid ma ci hanno detto di no», si è sentito rispondere.

Stessa musica anche al presidio San Giovanni: «Abbiamo 80 letti vuoti su 200 ma non possiamo usarli». E conclude proponendo una soluzione pratica: «Basterebbe prepararsi prima, fare un elenco di ospedali dove portare i pazienti sospetti Covid e gli altri no. Invece tocca a noi mettere le toppe, con l’unico vantaggio che almeno, in questo caso, non rischiamo di infettarci».

Cristina Gauri

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