Vogliono cancellare il Natale

Nonostante manchino ancora due mesi al Natale, il destino delle festività natalizie per quest’anno sembra già tragicamente segnato.

Lo avevamo capito già qualche giorno fa quando era circolata la notizia di un probabile “lockdown a Natale”, non si era parlato di una generica chiusura a dicembre ma ci si era riferiti proprio al Natale a testimonianza di una mentalità che non tiene in considerazione le conseguenze spirituali e psicologiche che l’attuale difficile periodo comporta. Il Natale non è un giorno qualsiasi ma rappresenta un simbolo per tutti noi, in particolare per i bambini e privarli della gioia del Natale – dopo un anno in cui stiamo cancellando il diritto all’istruzione – significa colpirli nel profondo dell’anima.

Cancellare il Natale con il carico di simboli e significati ad esso legato, fa parte di un preciso approccio politico-culturale, non possiamo immaginare una società basata solo sulla fredda e cinica retorica dei tecnici che dimenticano l’importanza degli aspetti sociali e spirituali. Il Natale è simbolo di condivisione con i nostri cari, le nostre famiglie, è un momento per stare insieme e non possiamo cancellarlo con una frase buttata lì come se nulla fosse nel vortice perverso della comunicazione nei giorni d’emergenza.

Tra le conseguenze del covid c’è la perdita di percezione del valore delle cose e il Natale rappresenta l’emblema di una festività che si può sacrificare e cancellare come nulla fosse, ricalcando una mentalità per cui esistono cose essenziali e altre che non lo sono ma non sta a noi poter decidere quali siano. Così, nonostante per alcuni il Natale rappresenti qualcosa di cui si può fare a meno, si tratta di una ricorrenza da difendere ad ogni costo, non per la data in sé ma per l’insieme di valori che rappresenta.

Ma c’è anche un risvolto socio-economico da tenere in considerazione ed è legato ai lavoratori che svolgono un’attività collegata al Natale e che quest’anno saranno costretti a subire quando va bene un crollo degli introiti e nel peggiore (ma più frequente) dei casi l’impossibilità di svolgere il proprio lavoro. Al crollo dei consumi generale determinato da un lato dalla diminuzione di occupati e quindi dalla disponibilità degli italiani di risorse sempre minori e dall’altro lato dal timore di spendere a causa dell’incertezza generale anche da parte di chi ha disponibilità economiche, si unisce la cancellazione di eventi, iniziative, manifestazioni.

Il caso dei mercatini è emblematico con conseguenze non solo sull’atmosfera natalizia ma anche con gravi risvolti economici per tutti gli operatori del settore, dai commercianti fino al comparto turistico visti i flussi di persone che si spostavano nelle città di montagna o nei luoghi in cui storicamente si organizzavano mercatini.

Una situazione su cui pongono particolare enfasi i senatori della Lega Lucia Borgonzoni e Gian Marco Centinaio firmatari, insieme ad altri parlamentari, di un’interrogazione ai Ministri dei beni e attività culturali e del turismo e dello sviluppo economico:

“Conte ha scaricato sui sindaci anche la responsabilità di decidere l’annullamento o meno di sagre e mercatini compresi quelli tradizionali di Natale. Nessun Comune ha disponibilità economiche tali da investire per garantire, durante queste manifestazioni, i controlli di sicurezza anti contagio. Il governo si assuma la responsabilità dell’annullamento oppure trasferisca ai comuni le risorse adeguate”. Annullare questi eventi comporta un danno inqualificabile per tutti gli artigiani e i piccoli imprenditori agroalimentari che girano il paese vendendo le eccellenze del Made in Italy.

Ancora una volta le ragioni dell’anima e quelle dell’economia sono non solo sacrificate ma anche dimenticate nella convinzione errata che se ne possa fare a meno, senza comprendere le conseguenze psicologiche e socio-economiche a cui stiamo andando incontro.

il giornale.it

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