Luca Palamara, le indicazioni su come scrivere un articolo alla collega di Repubblica: le ultime intercettazioni

L’anno è il 2006, il luogo uno studio televisivo in penombra di un programma Sky. La conduttrice Maria Latella si rivolge con deferenza all’ospite in collegamento che ha appena dato della «faccia di tonno» all’ospite in studio: «Presidente qual è la motivazione di questo suo giudizio così severo sul dottore?». Risposta: «Dalla faccia. Io faccio politica da 50 anni e vuole che non riconosca uno dalla faccia? Quello la faccia da intelligente non ce l’ha assolutamente. Io vengo da una famiglia di magistrati, ho avuto tre zii procuratori generali della Cassazione, e si vergognerebbero oggi di quello che hanno sentito da questo – come si chiama? – Palamara come il tonno…». Ecco. Per inquadrare le potenzialità teatrali di Luca Palamara, la propensione alla caricatura che potrebbero farne, oggi, un nuovo eroe di Maurizio Crozza; be’, bisognerebbe riguardarsi la suddetta, micidiale puntata di SkyTg24 in cui l’emerito Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, di Palamara stroncò il mito giudiziario nascente. Palamara, oggi al centro dell’inchiesta sulle nomine del Csm e delle Procure, allora andava via come il pane.

Era l’ex presidente dell’Anm ai tempi dello scontro con Berlusconi, nonché pm di Roma; dopodiché sarebbe diventato membro del Csm e la toga più influente di Unicost. Ma in quel momento, davanti alla telecamera, il magistrato basculava inchiodato nervosamente alla sedia. E, mentre ne inquadravano il ciuffone ribelle, l’espressione vacua alla John Belushi in Animal House, l’uomo accennava una difesa contro il Picconatore: «Mi sembra molto offensivo». E Cossiga, bum, un’altra fucilata: «Sì, sì, è offensivo, mi quereli, mi diverte se mi querela. I nomi esprimono la realtà, lei si chiama Palamara e ricorda benissimo l’ottimo tonno Palamara», e chiosava: «Io con uno che ha quella faccia e che detto quella serie di cazzate non parlo». Ecco. Questo dell’accanimento ittico, la faccenda del “tonno”, potrebbe essere l’incipit dello sketch di Crozza, appunto. Poi, da lì, un bravo sceneggiatore potrebbe andare a ritroso sulla capacità inumana di Palamara di attaccarsi al telefonino, di trattare sulle nomine, di imbastire le alleanze e cucire le strategie. Anche oggi come ieri e l’altroieri, per esempio, arrivano valangate di intercettazioni dal suo WhatApp e dal telefonino.

«E pure per la ragazza c’è un procedimento disciplinare se mi iscrive dopo sei mesi senza motivo…», afferma sensibilmente alterato Palamara, riferendosi alla collega pm di Perugia Gemma Miliani, la titolare del fascicolo che lo vede protagonista. Ma, prima ancora nel raccontare la sit com del Csm, un abile dialoghista potrebbe rispolverare le frasi palamaresche venate da immancabile accento romano su «c’era anche la merda di Salvini, mi sono nascosto»; o sue le pregevoli indicazioni su come scrivere un articolo, fornite a una collega di Repubblica; o le manovre, e i favori incrociati finalizzati ad ottenere il prima possibile la poltrona da Procuratore di Pignatone. E Crozza potrebbe recitare la discesa agl’inferi del pm vestito da Dante Alighieri. Dato che Palamara, per difendersi dalla valanga di fango che gli si sta rovesciando addosso è ricorso alla citazione del verso 119 del Canto 26, Ulisse che recita ai compagni «Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza». Pure se, forse, gli si sarebbero più attagliati i versi dal 13 al 48, quelli della Bolgia dei consiglieri fraudolenti. 

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