Il suicidio politico delle Sardine. Fine ingloriosa di un movimento grottesco

Roma, 26 mag – Proprio mentre il governo ufficializza la sua milizia privata di spioni anti movida, le Sardine annunciano la loro “pausa di riflessione”. Coincidenza? Io non credo. È una battuta, ovviamente, ma certo la boutade sulle “guardie civiche” che, non si sa sulla base di quali poteri e con quali mezzi di dissuasione, gireranno per i luoghi di aggregazione facendo rispettare il distanziamento sociale rappresenta davvero lo spirito delle Sardine che si fa concreta pratica politica.

La rosicata di Santori

La notizia della probabile eutanasia del movimento che tanto aveva scaldato i cuori dell’alta borghesia progressista viene data da Repubblica, che cita le chat interne in cui Mattia Santori dà sfogo a una omerica rosicata. “Sono conscio che qualcuno preferisce farmi le scarpe e screditare me e le persone che mi supportano”, spiega il liderino, attanagliato dalle manie di persecuzione. “È necessario organizzarci, ma la struttura è precoce per un gruppo di persone che manco si fidano tra loro”. E dopo questa dura requisitoria contro le sardine falze, Santori annuncia per il 28 maggio la pubblicazione di un “manifesto valoriale”, per poi lanciare la bomba: “Prenderemo una pausa di riflessione”. Niente Partito delle Sardine, quindi.

Santori, definitivamente trasformato nel Veltroni imitato da Guzzanti (“so che esiste una corrente Di Caprio contro di me…”), sprizza disillusione da tutti i pori: “So di essere in minoranza. So che molti di voi non si sentono a proprio agio nella dimensione puramente etica e culturale della politica. Non vi bastano le piantine. Avete idee molto strutturate. Sapete un sacco di cose. Vi invidio per questo. Ma sento che più prendiamo la direzione politica più finiamo per imitare gli altri”, scrive Santori nelle chat interne, secondo quanto riportato da Repubblica. Ovviamente non è ancora detta l’ultima parola, dato che in un movimento così “orizzontale” e “spontaneo” non è detto che tutti accetteranno di diventare cellule democratiche dormienti. Il brand, del resto, ha un suo appeal presso certo pubblico e l’idea di sfuttarlo per ottenere una manciata di voti con cui ottenere un seggio in qualche municipio potrebbe solleticare qualcuno degli altri capataz. Magari l’indimenticato Stephen Ogongo, che potrà così realizzare il suo sogno di un cartello Sardine-CasaPound…

Un fenomeno politico-mediatico grottesco

Vada come vada, le Sardine passeranno alla storia come uno dei più grotteschi fenomeni politico-mediatici dell’era recente. Roba al cui confronto i pur effimeri Girotondi o il Popolo viola appaiono oggi della statura politica del Pcus leniniano. In bacheca, Santori e compagni possono vantare tutt’al più la vittoriosa campagna emiliano-romagnola, dove tuttavia il loro apporto è stato largamente sopravvalutato. A vincere quelle regionali è stato il solidissimo apparato ex comunista fatto di clientelismo, radicamento e indottrinamento, non certo l’epifenomeno liquido dei ragazzotti ittici. E tuttavia, una certa spinta morale a una sinistra a corto di entusiasmo all’inizio l’hanno pur data, complici anche gli errori di comunicazione di Salvini in quelle elezioni. Tutto vero. Ma, diciamolo, riempire una piazza antifascista a Bologna, se non è un gol a porta vuota, è comunque una rete realizzata da distanza molto ravvicinata.

La politica assorbita dalla morale

Dopo quegli eventi, per lo più le Sardine hanno campato di rendita, grazie anche a una stampa progressista appecoronata come non mai. Anche se, dopo mesi di presenza televisiva a reti unificate senza esprimere una idea che è una, un programma, una scelta, una visione, nulla che esulasse da buone maniere, civismo d’accatto e immaginario kennedyano fuori tempo massimo, qualche dubbio sulla loro utilità ha cominciato a circolare. Mai l’assorbimento della politica nella morale è stata rappresentata in maniera più plastica che nel movimento delle Sardine: nessuna visione sociale, incapacità totale di formulare un punto di vista proprio sulla realtà per evitare che qualcuno ci rimanesse male, ma tanti pistolotti sulla necessità di essere buoni.

Ora quel movimento si appresta a staccare la spina. E, di fronte a questo suicidio politico, l’epitaffio non può che essere uno e uno solo: se un bambino autistico, quando gli passa un pallone da basket, questo ritrae le mani, come riesce a passargli la palla e fare in modo che questo la raccolga con le mani che non sa usare?

Adriano Scianca

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