La mappa della rivolta anti-Conte: dove riapre in anticipo

C’è un’Italia, divisa, che cerca di ripartire. Lo scontro tra regioni e potere centrale tiene banco. L’assalto al premier, Giuseppe Conte, è iniziato. C’è una Costituzione da rispettare, certo. Ma le singole entità regionali vogliono fare di testa loro: cercano di evitare il peggio. Di sterilizzare un crack economico che sarebbe devastante. I governatori invocano il titolo V della Carta.

Chiedono autonomia. Spingono sull’acceleratore per la ripartenza. Friuli Venezia Giulia, Alto Adige, Veneto, Liguria. Poi la Calabria che ha fatto da apripista. Una timida voce si alza anche da Umbria e Sardegna dove il virus ha attecchito meno. Il governo è attendista.

Palazzo Chigi ha respinto, per ora, la richiesta di poter alzare le serrande già da lunedì 11 maggio, avanzata all’unanimità dalla conferenza delle Regioni. In un documento i governatori chiedevano di riaprire il commercio al dettaglio subito e dal 18 di attribuire totalmente alle regioni la responsabilità di elaborare un calendario completo di riaperture. Ma il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, ribadisce la linea già annunciata la scorsa settimana: l’11 maggio verranno esaminati i dati dal ministero della Salute e, in base a quelli, saranno possibili eventuali differenze regionali nelle riaperture. Ma solo dal 18 maggio in poi: un compromesso, considerando che inizialmente la data stabilita era fissata al primo giugno.

Friuli e Bolzano: avanti tutta

Il Friuli Venezia Giulia e la provincia di Bolzano si apprestano alla riapertura. Fanno da ariete. “Lunedì ripartiamo, ma non proprio con tutto. Abbiamo fatto una proposta molto responsabile. Abbiamo detto, partiamo lunedì con il commercio al dettaglio e dal 18 con le attività mancanti”. A parlare è Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia. “Ricordo che il commercio al dettaglio è già aperto – aggiunge – le regole che il governo ha giustamente messo per i negozi di abbigliamento per bambini e per le librerie possono valere anche per gli altri, così permettiamo lunedì di ripartire a quegli imprenditori che sono pronti a garantire la sicurezza”.

Il Consiglio provinciale di Bolzano ha approvato la legge che accelera la fase 2 in Alto Adige. L’ordinanza prevede: l’immediata ripresa delle attività economiche con la riapertura delle attività commerciali, produttive industriali e artigianali. Da lunedì 11 maggio, sempre nel rispetto delle norme del distanziamento e precauzioni sanitarie, riapriranno le attività inerenti i servizi alla persona (parrucchieri, barbieri, estetisti, centri estetici), servizi di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), e musei, istituzioni culturali comprese biblioteche e centri giovanili. Dal 18 maggio, sempre seguendo dettagliati protocolli di sicurezza, torneranno ad essere offerti i servizi per l’infanzia con gruppi ridotti. Il 25 maggio riapriranno tutte le strutture ricettive presenti sul territorio provinciale.

“Dopo che Roma, per settimane, non ha ascoltato le richieste per una differenziazione regionale delle misure – afferma il governatore Arno Kompatscher – abbiamo deciso di intraprendere il nostro percorso legislativo autonomo. La provincia vuole affrontare questa fase all’insegna dell’applicazione della sua autonomia”.

Questa è solo l’ultima fuga in avanti. Il governo, attraverso le parole del ministro Boccia, cerca la via della mediazione. La reazione del ministro per gli Affari regionali non tarda, infatti, ad arrivare:”È evidente che il governo approva l’idea del riavvio graduale delle attività economiche – afferma – ma ritiene che l’autonomia, sempre rigorosamente rispettata, debba esercitarsi sempre nell’ambito del rispetto dei valori universali garantiti dalla Costituzione, primo fra tutti, quello alla salute”.

Annuncia l’impugnazione da parte del governo: “Poiché la provincia autonoma di Bolzano ha deciso di aprire ugualmente alcune attività commerciali pur in assenza delle linee guida sul lavoro che sono in corso di elaborazione in questi giorni dal comitato tecnico scientifico su proposta dell’Inail e alle quali tutti i presidenti di Regione hanno dichiarato di attenersi. Il governo non può fare altro che impugnare il provvedimento, limitatamente alle parti in contrasto con le regole sulla sicurezza sul lavoro”.

Il Veneto

“Finiamola con questo retaggio che l’autonomia è sempre un problema. Solo in Italia si ragiona così”. Afferma Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. “L’unica ordinanza in Italia regioni-governo è stata firmata il 23 febbraio. Dopodiché il governo ha avocato a sé le competenze con Dpcm. È lo Stato centrale che ha deciso di chiudere o non chiudere. Oggi che qualcuno venga da Roma a dire che le regioni non devono avere l’autonomia perché quando c’è stato il coronavirus non hanno fatto quello che dovevano è fuori tema. La competenza è chiara. Se fosse vera questa tesi, ne viene fuori una debolezza da parte di chi doveva decidere e non ha deciso”.

Zaia fa un paragone importante. Come è stato fatto per le messe (si potrà tornare in chiesa, con regole e distanziamento, dal 18 maggio) si trovi un accordo per il resto delle attività ancora chiuse. Come parrucchieri, barbieri ed estetisti, bar e ristoranti. “L’autonomia è l’unica forma di gestione, in questa fase. Il governo deleghi le regioni. Io aprirei da subito, ma anche per aprire il 18 ci devono essere programmazione e regole chiare, da subito. C’è bisogno di organizzarsi”.

Il Veneto non può aspettare il primo giugno. “Neanche il 18 maggio fosse per me. Fossimo stati autonomi, io avrei aperto già tutto, da subito. E vi ricordo che quando c’era da chiudere, sono stato il primo a chiudere tutto. Abbiamo fatto scelte dolorose, come chiudere il carnevale di Venezia da un giorno all’altro. Ma oggi vi dico che dobbiamo riaprire: il rischio c’è oggi come ci sarà domani. Prendo atto che sulle Chiese si è trovato un accordo per aprire. Ben venga, attenzione, ne sono felice. Ma come fatto per il culto, si può fare anche per i commercianti”.

La Liguria

“Da lunedì 11 maggio via libera al commercio e dal 18 maggio poteri alle regioni per tutte le riaperture”. È questa la richiesta che le regioni hanno formalizzato al governo nel corso della Conferenza delle Regioni, che si è riunita nel pomeriggio del 7 maggio in videoconferenza. Tra istanze dei governatori, anche che il 18 maggio sia data possibilità alle regioni di disporre delle restanti aperture con proprie ordinanze. A dare la notizia della “fuga in avanti” è il governatore della Liguria, Giovanni Toti. “Se le nostre richieste non dovessero essere accolte, considereremo lese le prerogative delle regioni “. Da giorni i governatori di centrodestra spingevano per rialzare le serrande in anticipo. Toti lo aveva ripetuto più volte: “Credo che ce ne sia bisogno. Ci sono tante attività che stanno soffrendo moltissimo e poi, e soprattutto, i cittadini italiani hanno dimostrato di comportarsi con grande responsabilità”.

La Calabria

Capitolo Calabria. È una sfida a Boccia. Non è solo un affare del nord affrontare il governo sulla riapertura. La Calabria ha deciso, con un’ordinanza della governatrice Jole Santelli, di far ripartire bar e ristoranti con tavoli all’aperto già la scorsa settimana e senza attendere le linee guida dell’Inail. L’ordinanza è stata impugnata dal governo: il Tar, in modo collegiale, si esprimerà a breve.

La Santelli, solo qualche giorno fa, aveva dichiarato: “La nostra battaglia è già vinta”. L’ultimo decreto legge, quello che annunciava l’alba della fase 2, non tiene conto della diversa situazione epidemiologica da regione a regione, ma nemmeno del tessuto economico che ovviamente cambia tra nord e sud. “Il governo ha dato il via alle aziende manifatturiere, ma in Calabria non ci sono industrie. L’economia regionale è tenuta in piedi da piccole e medie imprese, che non possono aspettare ancora un altro mese perché falliranno”, sottolinea più volte la governatrice calabrese. “Se lo Stato non c’è e non è in grado di dare speranza, se alla regione non viene consentito di agire, c’è qualcun altro che è sempre molto presente ed è pronto a entrare in gioco, ad esempio attraverso l’usura”, un appello della Santelli che vale come un grido disperato. Come ultima chance per non vedere avanzare le ombre della ‘ndrangheta sulle imprese dei cittadini. Un rischio reale. Il welfare delle mafie sguazza nella crisi. Si sa: dove c’è povertà e debolezza economica la criminalità organizzata trova terreno fertile per suoi sporchi giochi di potere.

Intanto, la situazione nelle varie regioni italiane resta complessa. Fiumi di polemiche e gli enti locali che vanno avanti in ordine sparso. Ora la questione da prettamente politica si è trasformata in una bomba sociale. Una matassa difficile da sbrogliare per lo Stato centrale. Multe pazze e droni che inseguono pericolosi runner di mezza età nei parchi deserti, tipici della fase 1, si sono trasformati in un problema costituzionale. Un tira e molla che non fa bene al Paese. Aprire o non riaprire? Questo il dilemma.

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