Giuseppe Conte e la Fase 2, dubbi tra i giuristi: “Misure incostituzionali”. Nel mirino i limiti agli spostamenti

La Fase 2 parte già con il piede sbagliato. Le misure previste dal governo per far fronte al coronavirus potrebbero infatti peccare di costituzionalità. All’analisi del nuovo Dpcm emergono infatti parecchie perplessità giuridiche, soprattutto sui limiti agli spostamenti. “Non ci sono confini tra le regioni, o meglio ci sono geograficamente e istituzionalmente per quel che riguarda la competenza regionale, ma dal punto di vista della libertà di circolazione non ritengo che possano esserci queste barriere – spiega il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, alle pagine del Giorno -. Anzi un’idea di questo genere alimenterebbe la posizione che è stata espressa da alcuni presidenti di Regione di controllare l’afflusso e il deflusso dal proprio territorio. Se ci sono elementi di carattere sanitario, questi vanno valutati in concreto”. Per l’esperto la misura deve essere adeguata all’obiettivo che si vuol perseguire e cioè la tutela sanitaria che va definita per area geografica o in base all’intensità di focolaio infettivo e non di certo per regione.

Ma Mirabelli è in buona compagnia. Dello stesso pensiero anche Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale dell’Università degli studi Roma Tre che lancia una palese frecciatina al governo guidato da Giuseppe Conte. “Tutto l’impianto costituzionale delle riserve di legge inizialmente è stato dimenticato”. Ma se all’inizio tale decisione poteva essere compresa, ad oggi non è più giustificata. “Bisogna, dunque, riuscire a mediare la sicurezza sanitaria con le esigenze di tenuta dell’ordinamento”.

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