Giuseppe Conte, la protesta dei preti: “Chiese aperte o denunciamo il governo”. Class action contro il lockdown?

Basta con le messe in streaming, le comunioni virtuali, i funerali negati. Basta con la fede senza corpo. Lo ha detto il Papa, due giorni fa, che ha usato parole forti: «Questa non è la Chiesa». Lo ha dichiarato la Conferenza episcopale italiana, che ha rimarcato il pericolo di abituare i fedeli a vivere in un mondo virtuale in cui si trova tutto e il contrario di tutto. Perché si possono fare le file davanti ai supermercati e non si possono fare per entrare in chiesa e assistere alla messa? Perché fare la comunione, con le dovute cautele, deve essere più pericoloso di entrare in tabaccheria e farsi dare le sigarette?

Sanzioni accumulate – Non si contano i parroci e i sacerdoti che hanno dovuto inventarsi mille modi diversi per poter tentare di essere vicini ai fedeli. Preghiere a porte chiuse, Madonne e crocifissi montati su camionette e portati in processioni per le vie deserte di paesi e città, perfino messe celebrate in clandestinità E sono ormai decine le sanzioni accumulate da preti e fedeli. Tanto che ora si pensa ad una class action per tutti quei sacerdoti e laici finiti nel mirino delle forze dell’ ordine in questi giorni di chiusura totale. Ne parla il quotidiano online La nuova bussola quotidiana. Ci sarebbe già all’ opera un pool di avvocati, capitanati da Francesco Fontana, del Foro di Milano, per contestare le multe, definite ingiuste, accumulate dai preti che, per esercitare il loro ministero, sono incappati nelle sanzioni. Non solo preti, anche fedeli, multati perché hanno voluto assistere ad una messa, o hanno cercato una benedizione “dal vivo”, stufi di quelle via internet.
Episodi che si sono verificati in tutt’ Italia, da Brescia a Sassari, da Lecco a Formia, a decine e decine. A proposito di Formia, proprio qui un sacerdote è stato multato perché non ha distribuito la Comunione con guanti e mascherine. Si tratta di una autentica violazione o di un abuso di autorità? Secondo l’ avvocato Fontana si è in presenza di una «follia», che non ci sarà «un giudice disposto a trovare una legge che indichi certe misure che non sono previste», spiega alla Nuova Bussola, e che in generale tutti questi casi indicano forme di abuso, dal momento che «si apre un ambito nuovissimo e inesplorato di ingerenza della legislazione italiana nella vita della Chiesa che contraddice il Concordato, al quale non avevamo mai assistito». E in effetti, se partisse la class action, sarebbe la prima volta in Italia per una limitazione della libertà di culto.
La speranza del pool è di coinvolgere più persone possibile nell’ iniziativa, attivando anche un indirizzo di posta elettronica per raccogliere testimonianze e i verbali delle sanzioni (fontana.avvocato@gmail.com) ed è già nato un comitato che prima di tutto si propone di sottoporre ai vescovi un appello per la riapertura delle chiese e la cessazione di questi episodi, definiti come una «persecuzione».
Appello che ha già raccolto 300 firme.

Proposte della Cei – Da settimane il mondo cattolico è pervaso da una voglia di reagire, davanti ad una situazione ritenuta non più sopportabile a cui il governo deve dare delle risposte. Il via lo ha dato proprio Francesco, due giorni fa, a Santa Marta, quando ha dichiarato, durante l’ omelia, che «celebrare la messa senza il popolo è un pericolo», che non si può «viralizzare la Chiesa, i sacramenti, il popolo». Sicuramente in questo momento bisogna celebrare a distanza, ha rilevato, ma «per uscire dal tunnel, non per rimanere così», dato che la vera essenza della Chiesa «è familiarità concreta con il popolo».
E la Conferenza episcopale ha presentato un “pacchetto” di proposte per tornare a una fede vissuta, non più virtuale: messe con volontari che garantiscano le distanze, funerali, battesimi e matrimoni con la presenza di famigliari stretti , incontri di comunità o in parrocchia sempre con l’ uso di mascherine e guanti. Il Paese, hanno detto i vescovi, ha un bisogno profondo di tornare a vivere la sua fede, c’ è una domanda e rispondere «significa dare un contributo alla coesione sociale». Esiste il rischio, poi, che la gente si stia trasformando rapidamente in una massa di fedeli in rete.
Insomma, il pericolo che le gerarchie ecclesiastiche vedono profilarsi è che da una “Chiesa in uscita”, tanto auspicata da questo pontificato, si arrivi ad una uscita tutte le chiese.

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