Con la scusa dell’epidemia vogliono agevolare l’allontanamento dei figli dai genitori

Roma, 5 apr – Imperversa il coronavirus con la moria di nonni ed anziani, così, sfruttando il clima di allarme, un gruppo di associazioni private aderenti a Cismai (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso nell’Infanzia) stanno provando ad avanzare la richiesta di un decreto d’urgenza per “mettere in sicurezza” tutti i bambini italiani. Invece di preoccuparsi di presidi medici e terapia intensiva, si chiede un provvedimento per agevolare l’allontanamento dei figli dalle loro famiglie attraverso un emendamento della conversione del decreto “Cura Italia” del 17 marzo 2020. La proposta arriva dopo il lancio in rete di una petizione denominata #decretobambini.

Togliere i figli ai genitori con la scusa del coronavirus

Con la quarantena imposta e il blocco delle attività il rischio per una famiglia di entrare in uno stato di indigenza potrebbe diventare reale. Per mettere in protezione i minori, la lobby propone di costituire una task force tra scuola, autorità giudiziarie, servizi sociali, terzo settore, con pieni poteri per agire in presenza di nuclei familiari fragili.

In che modo? Sfruttando, ad esempio, la consegna del pacco alimentare, con l’operatore incaricato che avrà la possibilità di raccogliere sufficienti dati (indigenza, disordine, pulizia, programmi televisivi ritenuti non appropriati) per valutare o meno la permanenza del piccolo in quella famiglia e decretare di toglierlo ai suoi genitori, attraverso l’articolo 403 del Codice Civile, che prevede l’intervento della pubblica autorità a favore dei minori. Una norma ritenuta, da chi da anni si batte per i diritti civili delle famiglie, molto pericolosa perché utilizzata in numerosi, dolorosi, casi: Bibbiano, i Diavoli della Bassa, Forteto, Rignano Flaminio, Angela Lucanto, Tiziana Ciccone, Federico Scotta, Roberto Mamie subita da molte altre vittime del “sistema che ricerca l’abuso in modo sistematico e metodico”. Dai numerosi casi emersi negli anni si è, infatti, potuto constatare come l’art. 403 abbia consentito ad assistenti sociali, psicologi e personale vario di stendere relazioni di “falsi positivi”, inventare menzogne da parte di abusanti impuniti, con conseguenze devastanti su genitori e figli.

Un costo altissimo pagato non solo da chi è stato rapito o falsamente accusato ma anche una spesa esorbitante pagata dall’intera collettività, finita nelle casse di gruppi privati che non hanno l’obbligo di mostrare i bilanci. Non bisogna mai dimenticare che assegnare un bambino in una struttura costa alla comunità almeno 100 euro al giorno, per ogni minore, ovvero 3000 euro al mese, con i quali si potrebbero sostenere direttamente i nuclei familiari in difficoltà economica.

Uno “Stato di polizia dell’infanzia”

Per questo oltre 40 Onlus hanno preso carta e penna e inviato un documento al primo ministro Giuseppe Conte, al ministro e della Famiglia Elena Bonettie al garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano per esprimere le loro preoccupazioni chiedendo di non accogliere l’emendamento visto l’altissimo rischio di legittimare uno “stato di polizia dell’infanzia”.

“Le associazioni firmatarie – si legge nel documento – mettono in evidenza il serio pericolo di vedere aumentare il tasso di arbitrarietà, già piuttosto invasivo, nella gestione della tutela dei minori appartenenti a famiglie disagiate di alimentare il giro d’affari di costose strutture private valutato in diversi miliardi l’anno e ritengono che tutti i mezzi economici possibili per aiutare i nuclei familiari a basso reddito debbano essere indirizzati, in via diretta genitori e figli”.

Antonietta Gianola

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