Ecco perché la Russia sembra immune dal coronavirus

L’epidemia di coronavirus Covid-19 che si sta diffondendo a macchia d’olio in Europa e nel mondo sembra aver per il momento graziato un Paese che fa da ponte tra Asia e Vecchio Continente: la Russia.

Ad oggi i casi di Covid-19 riportati da quando il contagio si è diffuso sono 20, e di questi solo tre hanno avuto bisogno di ricovero ospedaliero. Praticamente un’isola felice, anzi, un continente felice date le dimensioni del Paese.

Merito del caso? Assolutamente no. La Russia da quando è cominciata l’esplosione della malattia in Cina, ha messo in atto tutta una serie di provvedimenti via via più stringenti ma immediatamente efficaci e soprattutto tempestivi.

Da subito, a partire dal 31 gennaio, i viaggi d’affari delle compagnie russe in Cina sono stati temporaneamente sospesi, mentre parallelamente venivano diffusi i primi avvertimenti rivolti a cambiare le abitudini dei cittadini, tipo quella di abbracciarsi e baciarsi. Non proprio come da noi, dove negli stessi giorni la preoccupazione di alcune parti politiche e di alcuni membri del governo erano rivolte al razzismo verso la comunità cinese.

Il 2 febbraio vengono sospesi i collegamenti ferroviari con la Cina compresa la tratta Mosca-Pechino mentre il 3 si prende la decisione di bloccare temporaneamente tutti i viaggiatori ivi provenienti. Il 6 il Cremlino emana una disposizione per cominciare a registrare la temperatura corporea delle persone che prendono parte ad eventi pubblici mentre il 20 comincia il divieto di ingresso sul territorio della Federazione per tutti i cittadini cinesi e parallelamente vengono istituite delle zone di quarantena per i viaggiatori entrati prima dell’inizio della chiusura della frontiera con la Cina.

Il 27 febbraio i viaggi turistici in Italia, Iran e Corea del Sud vengono sospesi mentre il 28 Mosca sospende i visti di ingresso per i cittadini iraniani. Parallelamente a tutti i viaggiatori provenienti dai suddetti Paesi viene impedito l’ingresso in Russia.

Il 2 marzo nelle scuole dell’area di Mosca viene vietato di tenere corsi di nuoto per prevenire la possibile diffusione del contagio, mentre il 3 nella metropolitana della capitale cominciano i controlli casuali delle temperatura corporea dei passeggeri.

Il 4 marzo viene deciso di interrompere le esportazioni di mascherine, guanti, bendaggi e tute protettive, mentre il 5 l’International Economic Forum di S.Pietroburgo viene cancellato. Via via le maggiori compagnie aeree – Aeroflot e Pobeda – sospendono i collegamenti con i Paesi maggiormente colpiti dal virus.

Il 6 Mosca estende l’obbligo di quarantena per chiunque arrivi da Spagna, Francia, Italia, Germania oltre che dalla Cina, Iran e Corea del Sud. Il 10 l’autorità nazionale per i consumatori raccomanda di effettuare i propri acquisti evitando l’ora di punta e di non prendere i mezzi pubblici o frequentare i grandi centri commerciali.

L’11 marzo viene varato un decreto che vieta gli eventi pubblici con più di 5mila spettatori sino al 10 aprile. Tale provvedimenti comprende manifestazioni sportive, di intrattenimento, pubbliche o altri eventi di massa.

Insomma la Russia ha tempestivamente varato provvedimenti anche molto restrittivi nei riguardi degli stranieri e di chi si è trovato nei Paesi in cui si è sviluppato il contagio, e col passare del tempo ha varato disposizioni per il controllo dello stato di salute della popolazione che in Occidente abbiamo visto solo negli aeroporti, e a volte nemmeno in quelli.

Certamente la Russia nel contenimento dei viaggiatori, almeno di quelli provenienti da Occidente, è stata facilitata anche dal regime sanzionatorio che, purtroppo, ha ridotto di molto i viaggi d’affari, però non bisogna dimenticare che proprio le sanzioni hanno spinto Mosca verso la culla di Covid-19, la Cina, e che Mosca, blindandone i confini che corrono per 4200 chilometri attraverso le sue steppe e istituendo quasi subito dei veri e propri “villaggi di quarantena” come quello a ridosso della città di confine di Blagovechtchensk, sul fiume Amur, ha potuto contenere la diffusione del contagio.

La battaglia si è giocata lungo i confini, ovvero gli stessi confini – fisici o aeroportuali – che alcuni propagatori degli ideali globalisti sostengono che non esistano proprio in forza della diffusione del virus: nella regione dell’Amur, oltre ad aver sbarrato i ponti che la collegano con la Cina, i controlli sono serratissimi e i bus che hanno rimpatriato i cittadini russi sono stati messi sotto scorta armata. I medici negli ospedali, inoltre, ricevono la lista di tutti coloro che sono entrati nel Paese ed è stato organizzato un servizio di visite casalinghe.

Ovviamente non è tutto oro quello che luccica, e anche in Russia, in quelle regioni di confine con la Cina, nei primi giorni si sono viste scene di assalto alle farmacie per accaparrarsi le mascherine, che però ben presto sono state abbandonate dai russi che ormai non le utilizzano più, proprio grazie alla sensazione di sicurezza data dalle misure prese dal governo.

il giornale.it

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