Macron vuole il patto con l’Italia. E il Quirinale “commissaria” Conte

Passi in avanti per quanto riguarda il Trattato del Quirinale. Passi in avanti nelle relazioni tra Italia e Francia. Ma soprattutto passi in avanti verso un possibile “commissariamento” internazionale di Giuseppe Conte da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che, giunto a Napoli per l’incontro tra governo italiano e francese (un “gesto inusuale” a detta degli stessi transalpini), pone il proprio sigilli nei rapporti tra Roma e Parigi. Sul fronte tra i due Stati, il presidente della Repubblica non vuole alcun passo indietro, anzi, visti gli ultimi errori di comunicazione del premier giallorosso, è possibile, anzi, probabile, che l’ordine del Quirinale sia quello di evitare ogni tipo di frizione con l’Eliseo. Non è un mistero che i due presidenti (Mattarella e Emmanuel Macron) si stimino e si considerino i rispettivi interlocutori. Ma se da un punto di vista formale tutto potrebbe nascere da una semplice constatazione di ruolo – entrambi sono presidenti – è chiaro che sotto il profilo sostanziale Italia e Francia non repubbliche presidenziali.

E se il viaggio di Mattarella a Napoli non era previsto né obbligato dal cerimoniale, è evidente che il senso politico di questa gita partenopea del capo dello Stato sia molto chiaro, come spiegato anche da La Verità. Mattarella vuole garanzie assolute nei rapporti con la Francia ed è altrettanto certo che non si senta pienamente al sicuro con l’ala “grillina” al governo. Il Partito democratico è da sempre un grande sostenitore dell’asse con la Francia, ma i Cinque Stelle non possono dirsi particolarmente inclini alla fratellanza con le rive della Senna visto che l’attuale ministro degli Esteri si fregiava di amico dei gilet gialli quando questi paralizzavano la capitale francese e le varie provincie del Paese in nome della rivolta contro le decisioni di Macron.

Ma adesso le cose sono cambiate. I Cinque Stelle, da alleati delle proteste, sono diventati perfettamente in grado di seguire le linee del più ferreo europeismo soprattutto se conforme ai desideri dell’Eliseo. E con il Pd come alleato, tutto pare essere tornato alla normalità tra le due capitali d’Europa, come confermato dallo stesso ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, che in un’intervista a Repubblica-Napoli ha ricordato come questo bilaterale napoletano sia anche un tassello importante per il Trattato del Quirinale, definito dal ministro come “molto importante” e in cui c’è l’assoluta benedizione di Mattarella e di Macron. Che non a caso si incontreranno nella città in quel gesto “inusuale” che molti vedono come il segnale di avvertimento della presa di posizione del Quirinale nei confronti della politica estera italiana.

Va da se che la questione è seria. Molto seria. Il Trattato del Quirinale, apparentemente una sorta di accordo speculare a quello di Aquisgrana tra Francia e Germania, altro non sarebbe che un ottimo strumento di accordo tra le due potenze europee. Il problema è che gli interessi italiani e francesi non sono per niente convergenti in tantissimi punti, a partire soprattutto dalla Libia per non parlare di altri fronti, come quello interno all’Unione europea o quello concernente molti affari internazionali in cui Parigi non ha avuto problemi a metterci i bastoni tra le ruote. Sul fronte del gas siamo più che rivali, anche se apparentemente partner (vedi problemi con l’Egitto) e non è un mistero che l’industria bellica italiana è vista come un competitor fondamentale dalla Francia anche se siamo riusciti, in ogni caso, a mandare avanti programmi molto importanti (come le Fremm). In ogni caos, l’accelerazione all’accordo arriva in un momento non solo di debolezza del governo italiano ma anche di paura per possibili elezioni. Perché è chiaro che se questo trattato si è arrestato proprio in concomitanza dell’ascesa della Lega nel fu governo giallo-verde, in caso di elezioni, con una possibile e quasi certa maggioranza di centrodestra a trazione sovranista, sarebbe ben difficile giungere alla conferma di un patto pianificato ai tempi del governo di Paolo Gentiloni e (prima) di Matteo Renzi. Macron e Mattarella lo sanno benissimo. Ma il rischio è che questo accordo sia del tutto favorevole alla Francia, e per un solo motivo: è Parigi ad attrarre Roma ed è Parigi ad aver penetrato il sistema politico e industriale italiano. Non il contrario.

il giornale.it

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