Coronavirus, Tremonti: “Lo schiaffo dell’epidemia alla globalizzazione”

Il globalismo è in crisi. E la colpa, secondo Giulio Tremonti, è della crisi finanziaria e dell’epidemia da nuovo coronavirus, che sta facendo paura al mondo intero.

L’ex ministro delle Finanze dei governi Berlusconi legge il Covid-19 come il secondo guasto al modello della globalizzazione, che “segna il passaggio dall’utopia alla realtà”.

In un’intervista a Italia Oggi, Tremonti rivela che il nuovo coronavirus, più che un impatto economico, che sarà più o meno intenso e lungo, avrà un forte “impatto psicologico”. “Per un glorioso trentennio- spiega- con la globalizzazione, un mondo artificiale, fantasmagorico e felice si è sovrapposto a quello reale. Si è pensato che fosse la fine della storia, il principio di una nuova geografia”. E ora, il nuovo virus, che si sta diffondendo in tutto il mondo, ma che ha il suo epicentro in Cina “segna il ritorno della natura, il passaggio dall’artificiale al reale, come reale è appunto un virus”. Così, la globalizzazione è messa in crisi. Ma questa non sarebbe la prima volta: “C’era stato un guasto, nel meccanismo, con la crisi finanziaria che ha prodotto effetti partiti dalla finanza per arrivare alla politica. Questo del Coronavirus rappresenta un secondo guasto: un altro fattore di crisi del modello della globalizzazione”.

E questo, a detta di Tremonti, sarebbe solamente l’inizio di un fenomeno e “sarebbe riduttivo pensare che tutto si risolva togliendo il blocco dei voli, superando le quarantene”. Con la crisi legata al coronavirus, invece, “si apre un nuovo scenario che pone il problema filosofico e politico di vedere le cose in modo diverso”. L’ex ministro delle Finanze ripercorre le tappe degli ultimi 30 anni, mettendo in evidenza il cambiamento del modello: “Il 1989 con la caduta del muro di Berlino, il ’94 con il Wto, il ’96 con la finanza di Clinton, il 2001 con l’ingresso dell’ Asia nel Wto, il 2008 con la crisi, oggi il Coronavirus”. Passaggi che all’inizio univano i Paesi del mondo e che ora sembrano dividerli.

Il cambiamento è dettato anche da un fattore ambientale, che mette al centro il problema del cambiamento climatico e dell’inquinamento: “Impiantare imprese dove il lavoro costa poco ma manca la domanda significa trasferire i prodotti via mare verso i paesi dove invece la domanda esiste. E dunque inquinando”, spiega Tremonti. Ma nella rivoluzione industriale ecosostenibile, la finanza riesce contemporaneamente in due intenti: “la prospettiva di buoni investimenti e una penitenza salvifica rispetto al suo passato, che le consente di propagandare una diversa immagine, un’immagine pulita”.

Un ruolo fondamentale nella crisi del globalismo sarebbe stato anche quello giocato da Donald Trump che “ha fermato lo scivolamento dell’ America verso l’ Asia, uno scivolamento prima considerato come inevitabile”. Per riuscirci, il presidente degli Stati Uniti “ha realizzato la prima riforma fiscale fatta nell’età e per l’età della globalizzazione, la detassazione degli investimenti e il rimpatrio dei capitali, ma soprattutto ha fatto e ha continuato a fare una colossale sistematica deregulation, la riduzione del peso della legislazione e della burocrazia a favore della libertà”.

il giornale.it

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