Repubblica Ceca, la carica di Babis: “Basta immigrati illegali”

Andrej Babis, primo ministro della Repubblica Ceca, è senza dubbio una figura politica singolare.

Spesso accostato a Donald Trump per il suo curriculum – milionario e secondo uomo più ricco del Paese convertitosi alla politica nel 2012 con il movimento Ano, diventato ministro delle Finanze e dal 2017 premier – è uno dei leader critici verso l’Unione europea, delle quote di distribuzione migranti e perfino del budget previsto per la programmazione 2021-2027 da parte della Commissione europea a causa della bozza che prevede meno fondi di coesione e per l’agricoltura. “Dobbiamo rimuovere il sistema degli sconti (rebate) per i contributori netti”, spiega annunciando che “25 miliardi per l’eurozona sono troppi: la Ue è una, e deve avere un solo budget”.

Durante un’intervista rilasciata a La Stampa, il premier ceco ha rilasciato dichiarazioni forti, che tracciano in modo molto chiaro la sua visione su diverse tematiche importanti dei Paesi di Visegrad.

Pur non definendosi euroscettico e affermando il contesto di pace e prosperità che gli elettori cechi riconoscono al “grande progetto” dell’Ue, Babis punta il dito sulla burocrazia pervasiva, sulla frammentarietà della politica estera, sul commercio e sull’allargamento.

Sulla questione migranti le idee sono chiare, in linea con il Gruppo Visegrad: nessun principio di redistribuzione né revisione del regolamento di Dublino. A tal proposito cita e ringrazia il premier ungherese Viktor Orban che, a suo dire, è stato “l’unico a fermare i flussi a partire dal 2015, quando Budapest era invasa da 500.000 immigrati illegali”. Rifiuta categoricamente il paragone storico con la migrazione dovuta al crollo del muro di Berlino del 1989 poiché: “200mila cecoslovacchi lasciarono il Paese ma erano istruiti, parlavano le lingue ed erano una risorsa importante per questi paesi. A differenza di oggi; dove l’ immigrazione dall’Africa ha caratteristiche diverse”.

Alle critiche sul nazionalismo imperversante della Mitteleuropa – inteso come difesa dei confini, sovranità e identità nazionale – risponde con un secco “patriottismo” per l’orgoglio del paese che rappresenta e ridefinisce il concetto di populista definendolo come “fare qualcosa di buono per la gente, ‘pour le peuple'” e del quale si definisce fiero.

Alla notizia dell’incarico a Vera Jurova, commissario ceco dell’Ue per lo stato di diritto (vigilerà sulle libertà democratiche anche degli alleati Ungheria e Polonia), esprime tutta la sua soddisfazione per il riconoscimento pur sottolineando la mancata priorità dell’argomento, reputando più rilevanti le tematiche della migrazione, della mancanza di un accordo commerciale con gli Usa, delle sanzioni alla Russia, del rapporto con la Turchia e “dell’assenza di influenza dell’Europa nelle sfide globali”.

Le critiche più feroci da parte della comunità internazionale arrivano nei confronti del presidente Milos Zeman, accusato di esser filo-russo, ma Babis le respinge al mittente con un parallelismo altrettanto efficace su Emmnuel Macron e i suoi accordi con la Cina,reo di aver firmato “40 mega contratti con Xi Jinping” e giudicando il tutto come una speculazione giornalistica e una forma di ipocrisia nei confronti di un sistema di interessi economici e politici che vengono perseguiti da tutti gli stati.

il giornale.it

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