Via al processo al Senato. La missione gialloverde: salvare il soldato Matteo

La discussione del caso Diciotti comincia con una doppia seduta della Giunta per le immunità del Senato che probabilmente il 20 febbraio voterà sulla richiesta di autorizzazione a procedere verso Matteo Salvini.

A tenere banco per gran parte della giornata è il caso dei documenti allegati alla memoria del vicepremier e firmati da Conte, Di Maio e Toninelli, con cui di fatto il governo conferma la linea dura di Salvini, blindandolo e offrendo anche una sponda a quei Cinque Stelle che sempre di più propendono per il «no» al processo.

Il fatto che la «difesa» del premier e dei due ministri non sia stata inviata alla Giunta ma allegata alla memoria del numero uno del Viminale, oltre che essere interpretato da alcuni come segno di debolezza, ha anche prestato il fianco agli attacchi, in primis a quello dell’ex presidente del Senato Pietro Grasso, secondo il quale i due testi sarebbero stati «irricevibili» e la loro eventuale ammissione avrebbe comportato un nuovo rinvio di tutte le carte al Tribunale dei ministri. Dopo aver sospeso la riunione per pronunciarsi in merito, il presidente della Giunta per le immunità del Senato, Maurizio Gasparri, ha però stabilito «a norma di regolamento» che le parole del presidente Conte e dei ministri Di Maio e Toninelli, dunque l’appoggio dell’esecutivo all’operato di Salvini, avranno un peso nella valutazione della richiesta di autorizzazione a procedere.

E questo è un dato politicamente importante, soprattutto alla luce di quanto affermato dal presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi sulla possibilità che sotto accusa possa finirci l’esecutivo al completo. «Un reato – ha spiegato il giurista – può essere commesso da una persona o da più persone, come da un singolo ministro, da più ministri o dall’interno governo». Lattanzi ha ricordato quanto prevede la legge costituzionale sui reati ministeriali: «Se il Tribunale dei ministri ritiene che un fatto integri un reato rimette il caso al Parlamento, il quale dovrà valutare se è stato commesso nell’interesse costituzionale dello Stato». Se la giunta decidesse di non doversi procedere nei confronti del solo Salvini, ma anche degli altri membri dell’esecutivo, le carte potrebbero tornare alla Procura di Catania per una nuova valutazione; nel caso in cui votasse no all’autorizzazione per il ministro dell’Interno, invece, si profilerebbe un’inedita «immunità di governo». Un’eventualità per la quale i 5s sarebbero disposti a mettere da parte i propri principi. «Noi siamo sempre stati contro ogni tipo di immunità ma questa è un’autorizzazione che riguarda un caso specifico che coinvolge la decisione di tutto il governo», si barcamena Di Maio.

I senatori che hanno studiato le memorie intravedono un avvicinamento del M5s al leader della Lega, anche se una delle ipotesi sul tavolo è che in aula ai pentastellati venga lasciata libertà di coscienza. Di certo hanno registrato con sollievo l’intervento di Conte, Di Maio e Toninelli. Uno «scudo» importante per loro. Il dem Francesco Bonifazi non ha dubbi: «Quelle memorie serviranno al Movimento come alibi». Per Salvini il Senato «deciderà secondo coscienza»: «Non chiedo favori».

il giornale.it

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