“Stragi di migranti”: ma siamo proprio sicuri che ce la raccontino giusta? Ecco i dubbi…

Il compito del giornalista dovrebbe essere, a nostro avviso, più che quello di provocare le persone per strada, inseguire i politici, disturbare le manifestazioni, tutte cose che con il giornalismo non hanno nulla a che fare, dovrebbe essere, dicevamo, quello di seminare dubbi su notizie che tutti danno per acclarate, quando poi tanto chiare non sono. Per farlo, dobbiamo chiarire alcuni punti fondamentali. Ci riferiamo a questa ennesima “strage di migranti”, come la chiamano i miei colleghi della tv e della carta stampata, consci che queste argomentazioni toccano il cuore degli italiani e soprattutto favoriscono le vendite dei giornali e le visualizzazioni degli articoli. Per i “naufragi” in mare vale quanto già detto riguardo le manipolazioni della Siria, dove i cosiddetti volontari montarono dei veri e propri set cinematografici per far vedere l’orrore dei bambini morti o feriti per mano del “tiranno” Assad. Intendiamoci, i morti ci saranno pure stati, ma per la maggior parte dovuti ai terroristi dell’Isis,nei cui pressi non è mai stato possibile avvicinarsi per nessuno, figuriamoci poi riprenderli o fare foto. Ergo, quelle riprese e quelle foto drammatiche giungono da fonti Isis o amici dell’Isis. Ed è così che in Occidente si è divulgata la favola di Assad cattivo che bombardava il suo popolo, quando invece erano i terroristi islamici che uccidevano la gente e utilizzavano donne e bambini come scudi umani, non disdegnando di utilizzare armi chimiche, che solo loro hanno, grazie a complicità di certi ambienti turchi. Ma questa è un’altra storia, ancora da scrivere per intero.

I “migranti” partendo violano le leggi di tre Stati
Tornando ai clandestini, i migranti, va chiarito che chiunque parta su un natante per raggiungere un’altra nazione senza documenti, viola le leggi del proprio Paese, di quello da cui parte e di quello in cui vuole arrivare illegalmente. Se questa persona reca con sé dei minori, dovrebbe essere messo direttamente in galera per aver messo a repentaglio scientemente la vita e la sicurezza di un bambino. Altro che concedergli assistenza umanitaria. In secondo luogo ci dicono i tecnici che un gommone, più propriamente canotto, come quelli su cui partono i clandestini, non riuscirebbe, coi motori che ha, a percorrere più di due o tre miglia marine, prima di affondare o comunque di fermarsi, anche perché senza l’adeguata attrezzatura non si raggiungerebbe mai la terraferma perché è impossibile orientarsi. Il Mediterraneo, d’inverno e di notte, presenta difficoltà inaudite, difficilmente sormontabili per chi non sia adeguatamente equipaggiato, e non è certo il caso dei clandestini che partono dalla Libia. Per essere trovati, in mare, occorre una radio vhf con un’antenna molto alta, una bussola, un telefono satellitare, un segnalatore di qualche tipo, dei razzi di segnalazione; e poi, per il motore, dei capaci serbatoi ingombranti, una consolle, degli strumenti… mai visto nulla di tutto questo su quei gommoni. Allora è chiaro che nessuno pensava veramente di raggiungere l’Italia così, ma sapevano che sarebbero stati “salvati” dai cosidetti “volontari” che incrociano, guarda caso, proprio quelle acque.

I “migranti” pagano migliaia di euro per sfuggire alla miseria…
Appare ormai evidente che c’è la combine: lo scafista, poco dopo essere stato rimorchiato col suo canotto carico di “migranti”, che però hanno pagato migliaia di euro per “sfuggire alla mseria”, da un’altra imbarcazione, di proprietà ignota, ma su cui le procure dovrebbero indagare, dà l’allarme a uno dei tanti numeri di telefono dei “volontari”, che non vedono l’ora di andare a “salvare” qualcuno, per poi portarli, chissà perché, proprio in Italia, distante centinaia di miglia marine, anziché nel porto vicino più sicuro, che non è Lampedusa o Pozzallo, ma Sfax, Tunisi, La Valletta o Tripoli. Sì, anche Tripoli, perché Ue e Onu hanno dichiarato che la Libia è normalizzata: tra un po’ faranno pure le elezioni… E poi non si capisce perché se la Libia è sicura per partire, non lo dovrebbe essere per ritornare, come stanno strillando ora le ong per il rimpatrio dei “profughi”. Il retropensiero è che le ong traggano un qualche vantaggio dal numero di persone che portano in Italia, da come insistono, ma forse sbagliamo. Per quanto riguarda i tre “salvati” dal nostro elicottero, con tutto il rispetto, ma possono dire quello che vogliono, poiché non c’è controprova o altre testimonianze. Potrebbero essere in stato confusionale per lo stress e straparlare…: hanno fornito il numero esatto degli imbarcati (ma quando e perché li hanno contati?), il numero delle donne, dei bambini, neanche avessero letto la carta di imbarco. Quelli che mancano, insomma, dicono le ong, sarebbero tutti morti in mare. Ma siamo sicuri? Non è che per impietosire e allarmare l’Europa – operazione peraltro riuscita perfettamente – si siano precedentemente accordati con qualche altro attore della commedia per raccontare una storia che fili? Ma anche se la storia chiaramente non fila, purtroppo ci saranno sempre persone pronte a raccogliere le voci e a propalarle come se fossero vere. Intendiamoci, può darsi che i morti ci siano veramente, ma dove sono i corpi, dove sono le tracce? E’ un fatto però che forniscono molto più vantaggio alle sinistre da morti che da vivi. Infatti il primo avvistamento di questo gommone in difficoltà non è avvenuto da parte di aerei militari italiani, come sembrava in un primo momento, ma da un aereo ong. Ci sarebbe poi a questo proposito da aprire una vasta parentesi sulle illimitate risorse di queste ong, che tra aerei, navi, droni, equipaggi, attrezzature sofisticatissime, mettono insieme decine di milioni di dollari. Ma da dove rientrano questi soldi? Il loro immenso patrimonio è davvero costituito solo da donazioni spontanee di cittadini europei? Ma chiudiamo pure questa parentesi.

Chi aveva allertato gli aerei che i “migranti” erano in difficoltà?
Evidentemente siamo di fronte a una serie di fortunati eventi davvero incredibili, come l’avvistamento casuale di un gommone: chi va per mare sa bene che questo tipo di avvistamenti è pressoché impossibile, oppure di fronte a un altro tipo di strategia e di piano che per ora non siamo ancora in grado di provare, ma solo di immaginare. C’è poi un’altra considerazione da fare: questi aeromobili che hanno avvistato i “naufraghi”, hanno lanciato le pesantissime zattere di salvataggio. Ma come mai avevano a bordo già le le zattere di salvataggio? Erano stati precedentemente allertati? Nessun ricognitore infatti parte attrezzato di tutto punto, perché sarebbe troppo pesante, a meno che non abbia la certezza di cosa troverà. E ancora: il gommone è “naufragato” a circa 50 miglia marine dalla Libia, ossia lontanissimo dall’Italia. Distanza peraltro improbabile, secondo le considerazioni fatte precedentemente. Comunque, che ci facevamo noi in quel quadrante di mare? Anche qui le procure dovrebbero indagare. L’unica soluzione è un blocco navale, che dissuada una volta per tutte i trafficanti e i loro complici dal rimorchiare i gommoni in alto mare e poi chiamare i “soccorsi” dei soliti volenterosi. E poi dovremmo anche farci delle domande su questi accuratissimi filmati hollywoodiani dei “salvataggi”, che ricordano tanto quelli dei famigerati “elmetti bianchi” siriani. Insomma, dobbiamo scoprire quale sia la verità, fin dove arriva la realtà e dove incomincia la finzione. Nella foto, che da qualche tempo è presente sul web, si vedeono operatori della ong durante un “salvataggio”. Sullo sfondo ben visibile la nave col nome.

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