Milano, così nasce una “San Lorenzo”: “Qui entri vivo ed esci morto”

Milano – Tra Calvairate e il Quartiere Forlanini c’è via Zama. È una via lunga: c’è il deposito Amsa, il comando dei carabinieri di Porta Romana-Vittoria e una scuola abbandonata. Un grosso edificio di tre piani che un tempo ospitava una materna e le elementari Mazzini e che il Comune ha lasciato a marcire.

Nel 2009 la struttura è stata svuotata e da allora è diventata preda di extracomunitarisbandatispacciatori tossici, che hanno trasformato il bene del Comune in un vero e proprio dormitorio abusivo.

In via Zama passa il 45 e proprio dietro la pensilina della fermata dell’autobus la cancellata è rotta: è la via d’accesso. Per vederla basta andare semplicemente su Google Maps: se spostate il cursore e ingrandite le immagini di Google Street View potete vedere sbucare furtivamente una persona con uno zaino in mano. Una inferriata della cancellata – peraltro rattoppata alla buona in più punti – è mancante e allora basta salire sul muretto e infilarsi tre le sbarre per mettere piede nel giardino che perimetra l’edificio. Entriamo anche noi e facciamo un giro nella prima ala della struttura, che ci accoglie con una scritta non molto invitante, per non dire minacciosa, scritta in un italiano ciancicato, che in sostanza invita chiunque non sia lì di “casa” a non entrare, visto che chi entra vivo, esce morto. (Clicca qui per il video)

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L’ennesima zona franca

Nei giorni scorsi, qui dentro è venuta anche la consiglia comunale Silvia Sardone, che ha voluto toccare con mano lo stato delle cose, preoccupante a dir poco. Anche per il viavai di giovani ragazze denunciato dai residenti, sempre più esasperati. “Ho incontrato una ragazza italiana molto giovane al secondo piano in compagnia di un algerino e in evidente stato di alterazione, dovuto probabilmente all’assunzione di droghe. Una situazione che non vorrei diventasse esplosiva come quella di via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo di Roma dove qualche giorno fa è stata stuprata e uccisa la povera Desirée ha denunciato la Sardone. E così come a Milano, in ogni periferia d’Italia si rischiano buchi neri del genere. Due esempi? Modena e Perugia, dove degradospaccio siringhe sono realtà con le quali i cittadini devono rapportarti quotidianamente.

Un residente di via Zama, che abbiamo contattato telefonicamente, ci racconta la paura del quartiere e di quanto sia alta l’emergenza in quello scorcio di Milano: “In quella scuola sono una quarantina, forse anche cinquanta nordafricani e sono pure in aumento di questi tempi. È un fenomeno che chi di dovere, cioè il Comune, sta lasciando andare: ma vi pare normale – anche solo a livello di salute pubblica – che davanti a casa mia debba trovarmi una struttura comunale con almeno due piani completamente pieni di rifiutitopifeci e urine umane? Chi abita là dentro cosa può avere? E poi io dovrei far andare mia figlia al parco lì sotto, dove loro si lavano nelle fontane? Poi, ne vediamo eccome di ragazze entrare e uscire: se dovesse succedere qualcosa chi le va a salvare lì dentro? Vorrei capire cosa aspettano per fare qualcosa e penso che non ci debba essere neanche bisogno del caso di Desirée per intervenire…”. Insomma, il quadro è più che allarmante. E l’amministrazione Sala, al momento, pare non curarsene.

Perlustriamo lo stabile. Oltre muri rotti e macerie, escrementi umani dappertutto e vestiti gettati qua e là. Per non parlare della spazzatura. Poi una stanza con due materassi a mo’ di giaciglio, utilizzati da qualcuno per dormire la notte. Il fetore è tanto, ovunque. Ci spostiamo allora al piano di sopra e la situazione non cambia, anzi. Facendo lo slalom tra il pavimento rotto, feci e rifiuti di ogni genere, raggiungiamo una sorta di terrazzo, che ci permette di avere una fotografia dall’alto dell’edificio: nonostante il timido sole, la vista è spettrale. Scendiamo le scale ed entriamo in un altro plesso: mettiamo piede nell’atrio diroccato al piano terra e dopo pochi secondo sbuca un ragazzo da giù in fondo. Lo avviciniamo. Non parla bene l’italiano, ma ci facciamo capire: gli chiediamo di farci da Cicerone. Lui accetta, lo seguiamo.

Chi vive nella scuola di via Zama

Ahmed è un ragazzo marocchino di 23 anni, anche se dice di non sapere più bene quanti anni fa, visto che ha perso i documenti. È un immigrato clandestino e tre anni fa è venuto qui su un barcone.“Sono venuto in Italia per la legge, avevo problemi con (silenzio, ndr) la polizia”. Non rapine, non faceva il ladro – dice –, ma ci parla in francese di “piratage”. Dunque hackeraggio e pirateria. E per evitare problemi con le autorità marocchine sarebbe partito alla volta dello Stivale. Ci porta su al primo piano, salendo le scale tra sporcizia e scalini rotti. Ahmed dorme in una vecchia aula, la prima del corridoio, chiusa con la catena. Così come le sono le successive. Ce la apre e diamo un occhio dentro. Vestiti qua e là e due materassi a terra.

Da quando sei qui? “Due mesi tutti, quasi tre, da quando non riesco più a pagare il posto letto da 200 euro. Sono rimasto senza lavoro e allora sono venuto qui”. E quando gli domandiamo se dorma solo lì dentro ci risponde affermativamente, mentre nelle classi attigue ci sono altre persone. E il lavoro? “All’Ortomercato, lavoravo, mi piaceva, ma da qualche mese non più. Ora torno lì per cercare lavoro e vado a chiedere un po’ in giro”.

Il tour nella scuola di via Zama continua: “Qui c’è un’altra parte dove ci sono altre persone, venite”. E allora scendiamo con lui al piano terra. Dove troviamo un altro corridoio di aule chiuse con la catena occupate da altri extracomunitari, ormai abitanti abusivi della struttura. Uscendo ci indica le “cantine” al piano interrato chiuso e stracolmo di sporcizia e l’altra “entrata”: il cancello che dà su via Antonio Berlese, chiuso. Lì bisogna scavalcare, come fanno gli altri inquilini, pusher e tossicodipendenti in primis, che trovano rifugio per i loro traffici e per le loro dosi. Gli chiediamo se adesso va a cercare lavoro e ci dice di sì e con lui ci avviamo all’uscita.

La scuola di via Zama, da fuori, è tetra, da dentro è ancora peggio: è una bomba ad orologeria. E l’immagine spettrale di una San Lorenzo in salsa meneghina non può che saltare alla mente.

IL GIORNALE.IT

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