Si ferma la produzione Così la crescita torna a rischio

Il 2018 e il 2019 saranno anni magri dal punto di vista della crescita economica. Il mondo dell’impresa ha, infatti, salutato l’insediamento del nuovo governo giallo-verde con il primo calo tendenziale in due anni della produzione industriale che, segnala l’Istat, a luglio è calata dell’1,8% rispetto a giugno, perdendo l’1,3% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.

A trascinare al ribasso l’indicatore la flessione dei beni di consumo (-1,9% tendenziale causato dal devastante -6,5% della produzione di auto) e dei beni intermedi (-2,2%).

«Il dato aggiunge rischi al ribasso sulla nostra previsione di crescita del Pil di 1,1% per l’anno in corso», ha commentato Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo. Il calo è stato totalmente inatteso (il consensus degli analisti prevedeva un rialzo superiore all’1%) e getta un’ombra tetra sulla manovra di bilancio poiché la minore crescita riduce ulteriormente le risorse a disponibili per il ministro dell’Economia, Giovanni Tria.

«La malattia cronica del nostro paese è la bassa crescita», ha osservato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, presentando un’analisi dell’Ufficio studi di Piazza Belli. «Negli ultimi 30 anni siamo sempre in fondo alle classifiche internazionali per variazione di Pil, reddito, consumi», ha sottolineato il numero uno della confederazione ricordando che «negli ultimi 10 anni ogni cittadino italiano ha perso circa 2.000 euro di reddito». Un gap creato dai «difetti strutturali della nostra economia, gli eccessi di tasse e burocrazia, i deficit di legalità e infrastrutture». Ecco perché, ha specificato Sangalli, «a causa di una economia che mostra evidenti segnali di rallentamento, la prossima legge di Bilancio diventa un esercizio particolarmente delicato».

Le priorità, secondo Confcommercio, sono tenere i conti pubblici in ordine e disinnescare le clausole di salvaguardia, avviando le riforme previste dall’accordo di governo. «La priorità assoluta resta la riduzione delle tasse: evitare l’aumento dell’Iva è il primo passo per scongiurare una nuova crisi dei consumi», ha sottolineato Sangalli. La Confcommercio, ha proseguito, «è favorevole all’ipotesi di riduzione delle tasse del 15% per le imprese che assumono e investono ma non intende cedere sul disinnesco dell’Iva». Insomma, il monito ai vicepremier Salvini e Di Maio è preciso: «Troppe nubi si addensano sul 2019 per effettuare baratti con l’Iva». Un appoggio indiretto alla linea del ministro Tria che pure ha messo in cima alla lista della spesa i 12,4 miliardi delle clausole di salvaguardia.

Le ultime stime di Confcommercio prevedevano una crescita del Pil all’1,2% nel 2018 e all’1,1% nel 2019. L’aumento dell’Iva, secondo l’organizzazione, peserebbe sulla spesa media mensile delle famiglie con un aggravio stimato tra i 212 euro per le persone sole con più di 65 anni e i 412 euro per le coppie con tre o più figli. Aumentare le aliquote determinerebbe un rallentamento più forte di quello che già si preannuncia a causa dello stop della produzione industriale.

Non è un caso, infatti, che la Bce si appresti a limare le stime sulla crescita dell’Eurozona. Secondo Bloomberg, oggi il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, dovrebbe annunciare una lieve riduzione delle proiezioni economiche già a partire dal 2018, per l’impatto delle tensioni commerciali, il rischio Brexit e le turbolenze sui mercati emergenti innescate dalle crisi in Turchia e in Argentina. Per l’Italia si tratta di una circostanza drammatica poiché a queste pressioni esterne si aggiungono quelle interne.

È una consolazione troppo magra il miglioramento del mercato del lavoro che nel secondo trimestre 2018 ha recuperato i livelli pre-crisi portando il taso di occupazione al 59,1%, identico valore rispetto a dieci anni fa. La crescita è interamente legata ai contratti a termine e nuove battute d’arresto del quadro macroeconomico deterioreranno anche il mercato del lavoro. Per il ministro Tria è una sfida durissima. IL GIORNALE.IT

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