“Preoccupante…” . Il tragico sospetto di Ranucci dopo l’attentato: con chi ce l’ha

Sigfrido Ranucci, volto noto del giornalismo investigativo italiano, ha parlato pubblicamente dopo l’attentato avvenuto nella tarda serata di ieri sotto la sua abitazione a Pomezia, dove una bomba ha distrutto l’auto sua e quella della figlia. Un gesto violento, inquietante e chiaramente intimidatorio, che ha immediatamente fatto scattare la reazione delle istituzioni, della politica e del mondo dell’informazione. Ma soprattutto, che ha costretto il giornalista a recarsi presso la compagnia dei carabinieri di via Trionfale, dove ha formalizzato una denuncia dettagliata.
“Ho ricostruito tutto con i carabinieri – ha dichiarato Ranucci – c’è una lista infinita di minacce che ho ricevuto negli anni, di cui ho sempre informato l’autorità giudiziaria e che la mia scorta ha regolarmente segnalato”. Ma è il tono con cui racconta l’ultimo episodio a colpire: “Quello di stanotte è un salto di qualità preoccupante. È accaduto proprio davanti casa mia, dove già l’anno scorso erano stati trovati proiettili”.
Ranucci sotto attacco: le minacce e il supporto dello Stato
Il conduttore di Report non è nuovo a pressioni, intimidazioni e attacchi. “Mi sento tranquillo – ha comunque aggiunto – perché lo Stato e le istituzioni mi sono sempre stati vicini”. Parole che mostrano fiducia, ma che non riescono a nascondere la gravità crescente del contesto in cui si trova a operare chi fa giornalismo di inchiesta. Minacce, lettere anonime, tentativi di delegittimazione pubblica e oggi, una bomba. Un’escalation che non può essere derubricata come gesto isolato.

La politica si muove: chiesta audizione in Commissione Rai
L’attentato a Ranucci ha innescato una reazione politica trasversale, ma tra i più attivi si è mosso il Movimento 5 Stelle, che attraverso i propri esponenti in Commissione di Vigilanza Rai ha richiesto un’audizione urgente del giornalista: “Quanto accaduto rappresenta uno degli episodi più gravi che coinvolgono la Rai e la libertà di informazione. Il tema va portato immediatamente in Commissione per garantire che il servizio pubblico possa operare in libertà e trasparenza”.
Una posizione condivisa anche da Barbara Floridia, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, che ha sottolineato un aspetto centrale del problema: “È da mesi che esiste un clima d’odio verso Ranucci, alimentato da partiti e politici che non si sono fatti scrupolo ad attaccare in modo pesante lui e la redazione di Report”.
Solidarietà dei giornalisti: presidio davanti alla sede Rai
In segno di solidarietà concreta, l’Usigrai – il sindacato dei giornalisti Rai – ha convocato un presidio oggi alle 16 davanti alla sede di via Teulada a Roma. Insieme all’Usigrai, saranno presenti anche Fnsi, Ordine dei Giornalisti, Associazione Stampa Romana e altri sindacati. “Un’iniziativa simbolica – si legge nella nota – per difendere la libertà di stampa e dimostrare vicinanza a un collega che svolge un lavoro essenziale per la democrazia”.
Il presidio arriva in un momento cruciale. La bomba esplosa davanti all’abitazione di Ranucci rappresenta una minaccia diretta a tutta l’informazione indipendente, e il silenzio – o la minimizzazione – rischiano di legittimare l’odio e la violenza. Il gesto criminale, infatti, colpisce non solo una persona, ma l’idea stessa di informazione libera, quella che scava, indaga, denuncia e spesso mette a nudo le zone d’ombra del potere.

Il clima che alimenta l’odio: parole che pesano
In queste ore, emerge con forza la riflessione sul linguaggio politico e sulla responsabilità delle parole. Come ha sottolineato Floridia, “Attacchi sistematici alla redazione di Report e al suo conduttore hanno contribuito a creare un clima ostile che può portare a gesti estremi. Serve un’inversione di rotta”. È una chiamata alla responsabilità: criticare un’inchiesta è legittimo, ma delegittimare chi la realizza è un altro discorso. Un discorso che, in un contesto già avvelenato, può diventare pericoloso.
Un campanello d’allarme per la democrazia
L’attentato a Ranucci non può essere archiviato come un semplice fatto di cronaca nera. Si tratta di un attacco diretto a un simbolo dell’informazione pubblica, in un momento in cui i media sono sempre più sotto pressione. La libertà di stampa, valore fondante di ogni democrazia, viene qui messa alla prova con la forza e il fuoco. Ma la risposta che arriva dal mondo politico e sindacale sembra netta: difendere Ranucci significa difendere un principio non negoziabile.
Il giornalista, lasciando la caserma dei carabinieri, ha ribadito con pacatezza e determinazione il suo impegno: “Io continuo a fare il mio lavoro. Non ho nulla da rimproverarmi. E non ho intenzione di fermarmi”. Un messaggio chiaro, in un’Italia che oggi si interroga su quanto sia davvero libera l’informazione.




