BRANDIZZO, LE PAROLE DEL PAPÀ DI KEVIN LAGANÀ SONO UN COLPO AL CUORE

Le parole cedono il posto allo sconforto, quello di un’Italia che, da Nord a Sud,  si è unita dinnanzi all’ennesima triste notizia di cui non avremmo mai voluto parlare…. una di quelle che arrivano, come un fulmine a ciel sereno, in una notte di fine estate e che ci lasciano increduli. Poi l’incredulità cede il posto alla rabbia e alla volontà di far luce su quanto accaduto, poiché non si può perdere la vita, nel 2023, mentre, con dignità e sacrificio, si porta il pane a casa.

La cronaca nazionale continua a parlare dello schianto ferroviario avvenuto nella notte tra mercoledì e giovedì  scorso  Brandizzo, alle porte di Torino, in cui cinque operai sono stati travolti da un convoglio che viaggiava ad una velocità di 160 chilometri orari, perdendo la vita sul colpo.

Tutti e cinque erano dipendenti della Sigifer Srl che ha sede a Borgo Vercelli.  Le vittime sono il  22enne Kevin Laganà, del 34enne Michael Zanera, del 43enne Giuseppe Sorbillo, 43, di Giuseppe Saverio Lombardo, 52 anni, del 49enne Giuseppe Aversa, 49. Da una prima ricostruzione effettuata dagli inquirenti, stavano sostituendo alcuni metri di binario in un’area dove erano in corso interventi di manutenzione, sui binari a Brandizzo,  lungo la linea ferroviaria Torino-Milano, nei pressi di Chivasso, quando la loro esistenza è stata stroncata.

La Procura di Ivrea ha iscritto nel registro degli indagati i due superstiti, ossia Antonio Massa e Andrea Girardin Gibin, rispettivamente il dipendente Rfi che aveva il compito di dare il nulla osta e il caposquadra della Si.gi.fer, sui quali pendono accuse pesantissime: omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale.

Le parole del padre di Kevin Laganà , il più piccolo dei cinque operai che hanno perso la vita, sono davvero raggelanti. Vediamo insieme cosa ha dichiarato nella seconda pagina del nostro articolo.

Aveva compiuto 22 anni il mese scorso, festeggiati assieme alla sua famiglia, il più piccolo dei cinque dipendenti della Sigifer travolti e uccisi dal treno in corsa. Nato a Messina, dunque di origini siciliane,  assieme al padre, si era trasferito a Vercelli, iniziando a lavorare, dopo le medie, nel 2091, presso la Sigifer di Borgo Vercelli.

Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, lo descrivono come un giovane solare, sempre disponibile ad aiutare il prossimo, profondamente legato alla sua famiglia. Quel lavoro che gli piaceva, che non gli faceva paura, pur esponendolo comunque a dei rischi. A rompere il silenzio è  oggi papà Massimo, un padre rimasto orfano del suo adorato figlio che ha raccontato, in lacrime, in una lunga intervista rilasciata a Corriere.it e poi ripresa da diverse testate nazionali, cosa è successo quando è arrivato sul luogo in cui Kevin ha perso la vita.

Queste le sue parole: “C’è voluto qualche giorno prima di trovare la forza di andare in quella stazione .Sono arrivato e ho visto tutto quel bianco. Ogni chiazza bianca era un resto umano, erano tantissime e mi mancava il respiro. Ho messo i piedi dove li aveva messi Kevin quella sera. Era un ragazzo buono, allegro, innamorato della vita, che non mollava mai un amico in difficoltà e che si preoccupava per tutto e tutti. Ad esempio la sera in cui è deceduto era in pensiero per Michael, un collega che gli sembrava un po’ depresso e che ha perso la vita come lui“.

Un racconto  che lascia tutti coloro che sono dotati di capacità di immedesimazione nella sofferenza altrui, con la pelle d’oca; un racconto da cui si evince la brutalità dello schianto e gli effetti che ha lasciato, ossia corpi sbrandellati lungo le rotaie e un’agonia che nessuno mai potrà neanche lontanamente placare. In fin dei conti, il decesso di un figlio prima di quello di un genitore è da sempre ritenuto contro natura.

Il racconto di papà Massimo procede con  l’ultimo messaggio ricevuto da Kevin prima della strage era “Papà ti amo“ e al ritrovamento in stazione, dove si era recato per il riconoscimento del corpo, di un  oggetto molto importante: “il ciondolo d’argento della catenina che avevo regalato a Kevin, una croce. L’ho trovata accanto ai binari. Avevamo dei progetti insieme, mi diceva che avremmo preso una casetta indipendente fuori Vercelli, magari con un giardino e un cagnolino, ce ne saremmo andati dalla casa popolare in cui vivevamo insieme“.

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