ITALIA, MORTO BIMBO DI 2 ANNI: LA SCOPERTA CHOC SULLA MAMMA

I fatti risalgono allo scorso 2 gennaio, su una spiaggia di Torre del Greco, nel napoletano. Un bambino di appena 2 anni e mezzo è stato ucciso brutalmente per soffocamento, per motivi assurdi e ancora in corso di accertamento. A finire in manette proprio la madre Adalgisa Gamba, detenuta in carcere da circa un anno con l’accusa di omicidio premeditato e aggravato.

La morte del piccolo Francesco continua a suscitare ancora oggi grande scalpore. Un bambino così piccolo e indifeso, ucciso proprio da chi avrebbe dovuto proteggerlo ed amarlo. In molti si sono chiesti in questi mesi cosa abbia spinto la madre a macchiarsi di un crimine così efferato. Proprio in queste ore, grazie ad alcune intercettazioni, stanno emergendo le prime risposte: ecco di cosa si tratta.

LA SCOPERTA CHOC

Rinviata a giudizio per l’omicidio del figlio, la 41enne Adalgisa Gamba, detenuta presso il penitenziario femminile di Pozzuoli, ha scelto di non presenziare in occasione dell’udienza preliminare che si è tenuta lo scorso 21 dicembre presso il tribunale di Torre Annunziata. Presenti in aula, invece, in qualità di parte civile, c’erano invece il papà di Francesco, la nonna paterna e lo zio.

Nel corso dell’udienza, la pm Andreana Ambrosino ha ricostruito tutta la vicenda svelando alcuni dettagli sconvolgenti emersi dalla perizia effettuata sul cellulare della 41enne, che rilevelerebbero l’assurdo movente dell’omicidio. Pare che la donna fosse ossessionata dalla possibilità che il figlio fosse autistico, paura che l’avrebbe spinta a commettere il delitto.

Sino a pochi minuti prima dello strangolamento, Adalgisa Gamba avrebbe ricercato su Google parole chiave del tipo “Come uccidere un bambino“, per poi approfondire la questione aggiungendo parole come ‘candeggina’, ‘coltello’ e infine proprio ‘strangolamento’. Alla fine la donna avrebbe optato per quest’ultima possibilità, strangolando il piccolo con un indumento. La vera confessione del delitto sarebbe poi arrivata indirettamente a distanza di mesi quando, durante un colloquio videoregistrato con un parente, la donna avrebbe fatto chiaramente riferimento all’accaduto.

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