MUORE A 15 ANNI, L’UMILIAZIONE ANCHE DOPO MORTO SUL MANIFESTO FUNEBRE

Si dice che, dinnanzi alla morte, siamo tutti uguali, che non fa distinzioni tra ricchi e poveri, tra potenti e gente comune. Ma è davvero così che stanno le cose?

Se il grande Totò ci ha sempre fatto intuire questo, dicendoci che tutto ciò che si possiede di materiale in vita, nell’altro mondo, non conta nulla e che tutto il denaro e i beni non si possono certo portare di là, la cronaca ci mette dinnanzi a storie che rasentano l’assurdo.

Storie che implicano una riflessione e una rivisitazione doverosa del concetto di dignità umana. Quella, non dovrebbe mai essere calpestata. Eppure c’è chi è stato capace di farlo anche post- mortem.

Sono storie che suscitano indignazione, ribrezzo, orrore, in cui molti provano disgusto nell’essere cittadini di un Paese, la nostra Italia, in cui non si riconoscono.

Certo, sono episodi di una crudeltà estrema in cui non c’è rispetto neppure per i morti, per chi ha perso la vita in un modo atroce, quasi come se non avessero altrettanto diritto d’essere ricordati. Ma vediamo meglio cosa è accaduto.

Mi è capitato di imbattermi in questa notizia, successa nel 2019 ma il tempo qui non conta. Non c’è da lanciare un clamoroso scoop, bensì, semplicemente, da riflettere su quanto, di letteralmente osceno, sia accaduto. Sono in tanti che perdono la vita, tentando di sfuggire, a bordo di imbarcazioni di fortuna, ai conflitti, alla devastazione, alla morte. Spendono quei pochi spiccioli che sono riusciti a mettere da parte, pur di effettuare la traversata che li avrebbe dovuti portare in salvo.

Utilizzo il condizionale in quanto le immagini, i video, diramati in rete, ci mostrano tutt’altro. Ci mostrano cosa accade, in moltissimi casi, a questi poveri uomini, donne, bambini. Intere famiglie sterminate a seguito di incidenti a bordo di barconi che rimangono arenati, che si capovolgono, senza cibo a bordo, senza generali alimentari. In tanti, messi a dura prova, stremati, senza forze, muoiono ancora prima di toccare terra.

I cadaveri in decomposizione vengono spesso buttati in mare, così come tra le acque finiscono coloro che rimangono vittime di incidenti a bordo di mezzi dismessi, pericolosissimi. Poi come se la loro tragica fine non fosse abbastanza, arriva l’ennesima pugnalata, inferta alle spalle di queste povere creature che non hanno fatto altro che provare a salvarsi. E qui non si tratta di discorsi politici, di immigrati, di clandestini ma di individui.

Individui che sono stati violati nella loro dignità. Nel Bresciano, nel 2019, sono apparsi manifesti funebri fortissimi. A Orzinuovi, Manerbio, Calvagese, Ospitaletto oltre che a Brescia, nei quartieri Mompiano e Villaggio Sereno, campeggiavano manifesti dedicati ai migranti morti nel Mediterraneo, con su scritto: “Nessuno, morto annegato”.

Proprio come accadeva per gli ebrei, qualificati con un numero impresso sulla pelle, un marchio a fuoco prima di farli andare incontro alla morte, qui, ancora peggio, dopo il decesso, i defunti vengono chiamati “Nessuno”, con sotto l’età di bambini e la scritta “Morto annegato nel Mar Mediterraneo”. Chi si è macchiato di tale reato non si sa ma meriterebbe pene esemplari, acclamate a gran voce dal popolo del web. Qui la politica non c’entra. C’entra la dignità calpestata.

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