Monica Vitti, la brutta notizia gela il sangue dei fan

Roberto Russo, compagno di Monica Vitti, in occasione del suo 89° compleanno, ha rilasciato un’intervista al Corriere Della Sera. Monica è assente da 20 anni dalle scene dopo essere stata una protagonista amatissima del cinema e del teatro. Ha da poco compiuto 89 anni ma non ha potuto festeggiare a causa della sua malattia. Suo marito, Roberto Russo, le sta accanto sempre perché lei, affetta da una malattia tipo Alzheimer che si infiltra e sbriciola la memoria, solo di lui si fida.

«Le preparerò una torta con una candelina simbolica e insieme passeremo una delle tante giornate che abbiamo condiviso — dice Russo — Ci conosciamo da 47 anni, nel 2000 ci siamo sposati in Campidoglio e prima della malattia, le ultime uscite sono state alla prima di Notre Dame de Paris e per il compleanno di Sordi. Ora da quasi 20 anni le sto accanto e voglio smentire che Monica si trovi in una clinica svizzera, come si diceva: lei è sempre stata qui a casa a Roma con una badante e con me ed è la mia presenza che fa la differenza per il dialogo che riesco a stabilire con i suoi occhi, non è vero che Monica viva isolata, fuori dalla realtà».

Resta una grande e rimpianta attrice, cui ora una delicata scrittrice come Eleonora Marangoni, esperta proustiana, ha dedicato un libro, «E siccome lei» (ed. Feltrinelli). Sono richiamate in servizio letterario, divise per capitoli e ordine alfabetico, le 47 donne che la Vitti ha interpretato, dall’Adelaide, la fioraia del Dramma della gelosia alla Signorina X di Noi donne siamo fatte così. Dove sono finite? Cosa fanno? Come vivono? Tutte, da Modesty Blaide a Teresa la ladra, rivivono con la voce e il volto dell’attrice regina dell’alienazione e bionda fatale: «La fatalona comica» diceva Monicelli. Del resto la Vitti fece molto doppiaggio ad inizio carriera e ricordava: «Monicelli mi faceva doppiare le alcolizzate, Pasolini le accattone e Fellini e vecchie prostitute».

Poi incontrò Antonioni al doppiaggio del Grido il caso fu risolto. Nel libro non si parla del teatro, altrimenti bisognava richiamare in servizio anche Marilyn Monroe che la Vitti impersonò in Dopo la caduta di Miller con Albertazzi. Dentro e fuori dalla realtà, questi personaggi, che cercavano ed hanno trovato un autore sullo schermo, resistono nella memoria. Diverte leggere che Assunta, «ragazza con la pistola», siciliana come sarà poi l’Isolina della Supertestimone (l’attrice da ragazza ha vissuto in Sicilia) muta il suo destino, abbandona la vendetta; e tutte hanno incontri imprevisti, cambiano il senso di marcia del cuore, sono in affitto nella nostra sensibilità.

Claudia dell’Avventura parte per un giro in yacht, si perde mai poi ritrova la strada e Dea, che in Polvere di stelle cantava «Ma ‘do vai se la banana non ce l’hai…» andrà davvero in America. Monica aveva scritto in un libro che la memoria è «una truffa» e spiegava: «E’ tutto mescolato, la vita, i personaggi. Ma allora è tutto falso, direte voi? No, è tutto vero: specialmente i personaggi». I ritratti di queste donne sono anche spaccati di società, alcuni redatti come fogli di diari, incroci di appunti da seduta freudiana, mentre la Livia di Io so che tu sai che io so aiuta un professore a riordinare un Dizionario di personaggi e la Raffaella di Amore mio aiutami scrive lettere d’amore al signor Mantovani.

Sono i film «adulterini» col suo amico Sordi, quelli in cui Monica veniva spesso picchiata («Le botte che le prendo io non le prende nessuno. E ne ho prese tante»), tanto che chiede una controfigura che sarà una ragazza quindicenne di nome Fiorella Mannoia. Di altri film, come L’eclisse l’autrice Eleonora Marangoni cita una scena clou, quella della Borsa, come la viziata Valentina della Notte si trasferisce dalla Brianza in una villa palladiana. Ma fra la sospirosa Gloria di Alta infedeltà che si rivolge al marito elencandogli i torti e la Lucia del Tango della gelosia che parla delle sue gambe, risaltano le personalità speculari di un’attrice che ha segnato il nostro cinema: «Del resto — dice Russo — Monica giocava su due banchi e scrisse anche un soggetto comico con Camilleri che Antonioni non ebbe il coraggio di dirigere. Ma un film come L’avventura sta ancora nei locali d’essai di Parigi e New York, vuol dire l’eternità».

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