“Ho denunciato l’untore di Hiv, ora me lo ritrovo in ospedale”

Ha ottenuto gli arresti domiciliari il 38enne Claudio Pinti, condannato in primo ed in secondo grado a 16 anni e 8 mesi di reclusione per aver trasmesso l’Hiv a due sue ex compagne: la notizia ha naturalmente scosso le persone coinvolte nella vicenda, prima fra tutte Romina Scaloni, la donna che nel maggio 2018 trovò il coraggio di denunciare il suo untore. Subito dopo essere venuta a conoscenza della scarcerazione di Pinti, Scaloni ha postato un video sulla propria pagina Facebook per esprimere tutta la propria amarezza e delusione: “Mi sento tradita dalla legge”.

La decisione della Corte d’Appello di Ancona
È stata accolta la richiesta inoltrata alla Corte dall’avvocato difensore di Pinti, Massimo Rao Camemi, il quale ha dimostrato le serie condizioni di salute del suo assistito. Il 38enne, accusato di omicidio volontario e lesioni gravissime, era finito dietro le sbarre per aver avuto rapporti sessuali con decine di donne, senza mai fare menzione della propria patologia. Almeno due le vittime inconsapevoli, rimaste purtroppo contagiate: Giovanna Gorini, deceduta nel 2017, e appunto Romina Scaloni, attualmente in cura.

Secondo quanto spiegato dal legale che difende Pinti, le condizioni di salute del 38enne sarebbero tali da rendere necessario un ridimensionamento della misura cautelare. Richiesta accolta dalla Corte, che ha concesso gli arresti domiciliari con il dispositivo elettronico. In questo modo Pinti potrà tornare a casa e recarsi in ospedale per ricevere le cure.

Ovviamente la procura generale di Ancona ha intenzione di presentare un appello al Tribunale del riesame per impedire che Pinti ottenga i domiciliari. Si prepara, dunque, un duro scontro legale.

Lo sfogo di Romina Scaloni
Una decisione inaccettabile per Romina, che sente di essere nuovamente sprofondata in un incubo. Decisa ad esprimere tutto il proprio dolore, ha voluto sfogarsi in un video postato sui social per raccontare ancora una volta la sua storia.

“Sono Romina Scaloni, l’ex fidanzata che 2 anni e mezzo fa ha denunciato l’untore di Ancona”, esordisce la donna. “Ho appreso questa mattina dai giornali che Claudio Pinti sarà scarcerato e messo ai domiciliari, la stessa persona che mi ha fatto tanto male, che mi ha distrutto la vita”, continua, con la voce rotta dall’emozione.”La stessa persona che ha ucciso una ragazza di 32 anni, madre della loro figlia, e la stessa persona che ha devastato e rovinato la vita di una bambina”.

“Oggi, 4 maggio del 2021, mi sento come il 4 maggio del 2018”, prosegue Romina. “Lo stesso giorno che ricevetti il messaggio della cognata di Pinti, che mi confidò della patologia che lui aveva. Una patologia che, se non curata, è mortale. Abbiamo ottenuto una sentenza di 16 anni e 8 mesi, per omicidio volontario e lesioni gravissime volontarie, mi sento tradita dalla legge”.

Parole forti, quelle della donna, che non cela tutto il proprio dolore per quanto deciso dalla Corte. Un detenuto ai domiciliari, spiega, può avere tante possibilità, come quella di fuggire e, magari, presentarsi da lei. “La cosa folle è che sarà visitato all’ospedale Torrette di Ancona. Forse i giudici non hanno pensato che lo hanno autorizzato ad andare da solo e liberamente all’ospedale per curarsi, lo stesso ospedale dove vado io a curarmi, grazie a lui che mi ha trasmesso l’Hiv”, aggiunge ancora. “E ci possiamo incontare, liberamente, visto che lui non avrà la scorta. Basta solo che avvisi quando va, e quando torna”.

“Tutto questo non è normale, lo trovo inconcepibile ed inaccettabile. Come faccio ad andare a curarmi per la malattia che lui mi ha trasmesso nello stesso ospedale, sapendo che posso incontarlo lì ogni volta?”, si domanda Romina, che a stento trattiene le lacrime. “I giudici hanno minimamente pensato a questa mia situazione? Dov’è la giustizia che deve tutelarmi? Che deve tutelare tutte le vittime, e non i carnefici? Come faccio a sentirmi tutelata sapendo che colui che mi ha fatto del male, e che ha fatto morire una ragazza, si trova comodamente a casa, potendo pensare di escogitare qualsiasi cosa gli venga in mente?”.

Romina pensa quindi di rivolgersi al ministero di grazia e giustizia, o alla polizia. Non vuole più rivivere l’incubo che l’ha turbata per così tanto tempo. “Vi prego, non permettete tutto questo”, implora alla fine. “Fatemi credere nella giustizia”.

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