L’abusivo gli ha rubato la casa: “Ci minaccia e lo Stato lo aiuta”

Un intruso si impossessa della vostra casa. Cambia le serrature, mette il suo nome sul citofono, imbratta, distrugge e vi impedisce di riprendere i vostri oggetti personali. Minaccia di morte voi e la vostra famiglia, chiedendovi 30mila euro per riavere casa vostra. E in più dovete pagargli le bollette di gas e luce. Le autorità non possono fare nulla.

In più il blocco degli sfratti causa Covid impedisce l’esecuzione della sentenza di sgombero. E, nonostante le numerose denunce per i ripetuti episodi di minacce e devastazioni subiti, alla richiesta ufficiale (che riportiamo sotto) della “misura misura cautelare di divieto di avvicinamento” o di “altra misura cautelare idonea ad assicurare l’incolumità”, la procura non ha mai presentato domanda al giudice. Sembra incredibile, ma è quello che è successo a S. e P., una giovane coppia della provincia di Brescia, che da un anno e mezzo vive in un incubo. S. ha raccontato a IlGiornale.it come un abusivo sia riuscito a rubargli casa, tenendo in ostaggio le loro vite.

Com’è iniziato il vostro incubo?

“Il mio ragazzo ha comprato questa villetta bifamiliare nel 2018. Sono due appartamenti, uno al piano di sopra e uno al piano di sotto. La nostra intenzione era vivere al piano di sotto e affittare il piano di sopra per coprire le spese e poi con l’allargarsi della famiglia unificare i piani e farla diventare un’unica casa. Il piano di sotto era da ristrutturare. Così abbiamo affittato una stanza al piano di sopra a questa persona. Era un contratto transitorio valido per 11 mesi senza possibilità di rinnovo. Lui ha pagato due mesi, poi basta. Noi abbiamo iniziato ad avviare lo sfratto. A fine contratto se ne è andato e noi abbiamo portato le nostre cose al piano di sopra per vivere lì e, nel frattempo, ristrutturare il piano di sotto. Dopo una settimana, però, è ritornato e ha cambiato le serrature della porta, ha messo un catenaccio al cancellino in giardino. E da quel momento ci ha impedito di entrare, di recuperare le nostre cose. Abbiamo chiamato il 112 che non ha potuto fare niente. Poi, ha iniziato a tenerci lontani anche dal piano di sotto”.

Ma non si è limitato a rubarvi la casa, è andato oltre.

“Prima ha iniziato a mettere la colla liquida nelle serrature. Ha imbrattato i muri esterni con il suo nome. Poi, è passato alle maniere forti, minacciandoci di morte. A gennaio 2020 è entrato nel giardino e ha distrutto con un martello le porte del piano di sotto. Noi abbiamo visto tutto grazie alle telecamere e siamo corsi sul posto. Arrivati lì, ci ha minacciati con un martello. Fortunatamente lui era dentro e noi fuori. Ci si è scagliato contro come una furia, dicendo che ci avrebbe ucciso. Alla fine è stato fatto anche un tso, ma poi è tornato a vivere lì. E ci sono stati altri episodi violenti. È entrato in giardino e ha vandalizzato tutto, distruggendo le telecamere di sorveglianza che abbiamo messo per controllare a distanza la nostra casa. Abbiamo chiamato la polizia che, al di là di aver notificato il fatto, non ha potuto fare nulla. Ha rintracciato il padre del mio ragazzo, le zie con nomi e indirizzi e ha scoperto che mio suocero lavora in un ospedale della città. Così ha chiamato l’ospedale minacciando di appiccare un incendio. Due notti dopo sono entrate due persone a volto coperto, riprese dalle telecamere, e il giorno dopo sono stati ritrovati segni di combustione nei bidoni della spazzatura del cortile dell’ospedale”.

Le forze dell’ordine non non sono intervenute?

“Il 112 interviene, ma ci risponde che non è compito loro liberare la casa e che va depositata una denuncia. Per tutte le denunce depositate, le questure e le caserme ci dicono che loro agiscono da intermediari tra noi e la procura. Loro depositano in procura le denunce, però, poi serve il provvedimento del pm”.

E l’autorità giudiziaria?

“Noi abbiamo ottenuto dal giudice la sentenza di sgombero a gennaio 2020, ma con il blocco degli sfratti a causa Covid non si può eseguire la sentenza. Sul versante penale, abbiamo depositato tantissime denunce in procura per chiedere l’ordinanza restrittiva di allontanamento per stalking con il divieto di avvicinamento a noi e luoghi da noi frequentati. Ma la procura ha stabilito che non c’erano ‘gli estremi per richiedere al giudice l’emissione di un’ingiunzione restrittiva’. Primo o poi, probabilmente, ci sarà un processo, ma tra quanto tempo? La prima denuncia l’abbiamo depositata nel maggio del 2019, poi ce ne sono state molte altre. Una anche per tentata estorsione, perché lui ci ha chiesto 30mila euro per riavere la casa senza distruggerla. Ad ora, siamo nel febbraio 2021, e non c’è l’ombra di un processo. Il pm, sappiamo dal nostro avvocato, ha visto le denunce, ma non ha richiesto le misure cautelari. Una volta concluse le indagini preliminari forse il giudice disporrà il rinvio a giudizio. Ma è una via molto lunga, mentre le misure cautelari potevano agire da subito. Invece, dobbiamo prima aspettare il processo e poi la sentenza. Ci vorranno anni. Non si vede la fine”.

Ma Stato e istituzioni, invece di aiutarvi, sembrano più remarvi contro?

“Noi abbiamo scritto a tutte le istituzioni. Ma niente. Abbiamo scritto ai deputati e senatori per non prorogare il blocco degli sfratti che ormai è stato prolungato quattro volte da marzo. E adesso con il decreto mille proroghe, lo hanno differito di nuovo fino al 30 giugno 2021. Tutti, però, rispondono con un niente di fatto. Il prefetto ha risposto che la situazione è assolutamente monitorata, però i fatti violenti sono continuati anche durante questo suo ‘monitoraggio’. Il Comune ha detto che gli ha offerto un altro alloggio di cui erano disposti a pagare una grossa percentuale, ma lui ha rifiutato. Gli assistenti sociali dicono che lo conoscono, che è una persona con cui è difficile mediare. Ci provano ma non hanno l’autorità per costringerlo, possono solo offrirgli aiuto. Tutti la buttano sul fatto che non è competenza loro e che gli sfratti sono bloccati. Ormai non è più solo una questione di sfratto o meno. Ci sono episodi violenti, quindi, c’è un’autorità che potrebbe disporre l’allontanamento. Lui occupa il piano di sopra e se fosse una persona tranquilla potremmo andare a vivere al piano di sotto. Ma il problema è che lui ci tiene lontani anche da lì. È come se il tuo vicino ti rubasse casa tua e ti impedisse di entrare minacciandoti”. Le devastazioni dell’abusivo che ha occupato la casa di una coppia bresciana

Poi, oltre al danno anche la beffa di dover pagare le bollette accumulate da un intruso che vive nella vostra casa al posto vostro?

“Fino a poco tempo fa pagavamo tutte le bollette di luce e gas. Poi sono arrivate delle ricevute allucinanti da 500 euro e noi per pagarle ci siamo indebitati con l’azienda fornitrice. Così abbiamo deciso di chiudere i contratti, anche se non si può perché si commette il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Lo Stato dice che non puoi farti giustizia da solo, ma devi rivolgerti al giudice. E noi rischiamo la condanna, perché a causa di un pazzo che occupa casa nostra siamo stati costretti a staccare le utenze. Avevamo accumulato un debito di 1500 euro. Una cifra che con il blocco degli sfratti sarebbe cresciuta chissà quanto”.

Perché avete aperto una pagina Facebook e lanciato una petizione?

“Visto che ci siamo rivolti a tutte le istituzioni e nessuno ci ha ascoltati, abbiamo deciso di aprire questa pagina Facebook: ‘La casa fantasma: storia di come ci hanno rubato casa nostra’. Ne abbiamo discusso molto, perché la paura che il pazzo possa vederla e agire con le solite ritorsioni violente c’era eccome. Ma ci sembrava che far conoscere la nostra storia ad altri potesse servire a smuovere le acque. E così è stato. Qualche giornale locale ci ha contattati e poi abbiamo lanciato anche la petizione su Change.org”.

Cosa significa vivere così da quasi due anni?

“Significa svegliarsi ogni giorno con una frustrazione pazzesca, perché siamo completamente impotenti. Qualsiasi persona a cui ci rivolgiamo non ci può aiutare. Viviamo separati da un anno e mezzo, quando avevamo programmato un matrimonio, una famiglia, una vita insieme. Io abito con i miei genitori e durante il lockdown, vivendo in due case diverse non ci siamo neanche potuti vedere. Un’ingiustizia nell’ingiustizia. Poi, le conseguenze si fanno sentire anche sulla salute. Io – dice S. a IlGiornale.it – ho perso 10 chili, non riesco a mangiare e vivo in uno stato di costante nervosismo che si ripercuote sul nostro rapporto di coppia. Qualsiasi cosa decidiamo di fare siamo in balìa delle ritorsioni di questo pazzo. Viviamo nel terrore”.

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