Dopo 108 giorni di prigionia (finalmente) i pescatori italiani sono rientrati a Mazara: nel porto suonano le sirene

Hanno attraccato poco dopo le 10 al molo di Mazara del Vallo, in Sicilia, i motopesca Antartide e Medinea con a bordo i 18 pescatori (otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi) rilasciati giovedì scorso a Bengasi, in Libia, dopo 108 giorni di prigionia. Le imbarcazioni sono state accolte dal suono delle sirene del porto e ad attendere i pescatori c’erano i loro famigliari.

I pescatori erano stati sequestrati dalle autorita’ della Cirenaica e liberati giovedi’ scorso, 17 dicembre, a seguito della visita del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a Bengasi, dove hanno incontrato il comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), generale Khalifa Haftar.

I due pescherecci, scortati da nave Margottini della Marina militare sono approdati presso la banchina “Ruggero II”. Un medico salira’ a bordo dei pescherecci e visitera’ i marittimi. Una volta sbarcati a terra faranno il tampone rapido e poi quello molecolare. In assenza di positivi al Covid, tutti andranno a casa e dovranno ripetere il tampone dopo 5 giorni.

“Ci dicano se possiamo continuare a lavorare o se dobbiamo tirare i remi in barca”, ha tuonato il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, mentre attendeva al porto l’arrivo dei pescatori. Quinci chiede all’Unione Europea di risolvere questione dei confini marittimi della Libia. A Mazara, spiega Quinci, “la pesca garantisce 600 posti di lavoro e altre migliaia nell’indotto. L’Ue si faccia protagonista di una svolta che ridisegni le politiche economiche del Mediterraneo”.

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