Alberto Genovese, il “kit del torturatore” nella stanza da letto delle violenze: “Vibratori e battipanni”, orrore infinito

Dentro la “camera delle torture” di Alberto Genovese, l’imprenditore accusato da varie giovanissime ragazze di averle violentate durante le feste selvagge a Terrazza Sentimento, il suo attico milanese vista Duomo, o a Villa Lolita a Ibiza, la scorsa estate. Gianluigi Nuzzi, sulla Stampa, parla di una camera “attrezzata con ogni strumento per la sodomia, il flagello, la tortura”. In quella stanza da letto milanese Genovese avrebbe registrato, con 19 telecamere, “incontri, supplizi e vessazioni” con ragazze spesso appena maggiorenni, su cui avrebbe usato “una nutrita dotazione di arnesi di ogni tipo per sottomettere la preda, umiliarla, infierire su di lei”. L’amico Daniele Leali, considerato dagli inquirenti l’organizzatore delle feste di Genovese e indagato ora per cessione di droga, aveva parlato da Massimo Giletti a Non è l’Arena di “notti perverse”, e secondo Nuzzi tutto era studiato per prolungare a dismisura nel tempo “il piacere dell’architetto del dolore, dell’aguzzino”, in una sorta di “liturgia nera, deviata” in cui la vittima non poteva avere più di 25 anni. “La ragazza deve ambientarsi, percepire la situazione come divertente, fantastica, lussuosa e lui come re indiscusso, artefice di tutto questo, quindi simpatico, generoso, empatico, magari attraente”, spiega ancora Nuzzi. 

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