Perché la “carne coltivata” potrebbe sostituire quella vera

La carne sintetica, “coltivata” in laboratorio a partire da cellule animali, verrà presto servita in un ristorante di Singapore. Si tratta di una prima assoluta per questo tipo di alimento, ideato dalla start-up californiana Just per soddisfare il palato di chi vuole gustare della carne non proveniente da animali macellati. La pietanza, nello specifico pepite di pollo nate dall’unione di proteine di origine vegetale e da carne ottenuta dalla crescita in laboratorio di cellule prelevate da un animale, ha ottenuto il via libera da parte di una commissione regolatoria formata da sette persone e potrà essere servita, almeno inizialmente, in un solo ristorante della nazione asiatica. Il prezzo delle pepite non è ancora stato reso noto ma non dovrebbe essere eccessivamente alto dato e garantire la sostenibilità commerciale dell’iniziativa. Josh Tetrick, amministratore delegato della Just (le cui parole sono riportate dall’Ansa), ha dichiarato che “Il piano è passare da un ristorante a cinque a dieci per poi espanderci nella grande distribuzione ed allargarci ad altri paesi”.

Una prospettiva interessante

La carne artificiale, prodotta in laboratorio a partire da cellule animali estratte tramite biopsia, potrebbe rivelarsi, secondo alcuni osservatori, un importante alimento del futuro. La produzione di carne “classica” pone diversi problemi, nello specifico economici, ambientali ma anche etici per chi ha scelto di seguire un’alimentazione vegana o vegetariana. La carne artificiale, come chiarito dal documento Dagli allevamenti intensivi all’agricoltura cellulare redatto dal Comitato Etico della Fondazione Veronesi (e riportato da Lettera43), potrebbe invece consentire il superamento di alcune problematiche: dalla riduzione della sofferenza animale al maggior controllo sull’alimento in grado di evitare, ad esempio, il ricorso ad antibiotici, da un maggiore efficienza produttiva alla maggiore sostenibilità. Non mancano, però, alcuni punti oscuri. L’utilizzo del siero fetale bovino nella produzione ( un sottoprodotto della macellazione) non elimina del tutto la sofferenza animale mentre potrebbero essere a rischio molti posti di lavoro nel settore dell’allevamento. La costante crescita del numero di vegani e vegetariani in alcuni Paesi europei ed in Italia, dove questo fenomeno era marginale sino a non molto tempo fa, potrebbe garantire una certa popolarità alla carne artificiale. In Italia l’unica realtà interessata alla crescita della carne in laboratorio è la Bruno Cell, una startup trentina che ha investito 100mila euro nel progetto e che potrebbe trarne grandi profitti, in futuro, se questa nicchia alimentare riuscirà ad esplodere. L’investimento, per ora, è una scommessa coraggiosa.

Un dibattito ancora aperto

L’industria della carne, come segnalato dal sito duegradi.eu, è tra le principali responsabili dell’emissione di gas serra e contribuisce a produrre il 14 per cento delle emissioni totali. La produzione di carne e latticini comporta l’utilizzo dell’83 per cento dei terreni agricoli e di un terzo dell’acqua destinata all’agricoltura e l’allevamento di animali porta all’emissione di enormi quantità di metano, un gas serra. Il metano trae origine dalla fermentazione enterica dei ruminanti ed il processo digestivo di questi animali è decisamente dannoso per l’atmosfera. Il Parlamento Europeo ha deciso di istituire, il 25 febbraio del 2020, una tassa sulla carne (equivalente ad un rincaro del 25 per cento) per ripagare il prezzo ambientale che ne comporta la produzione. La demonizzazione di questo alimento non aiuta, ovviamente, ad avere una visione chiara ed equilibrata della materia presa in esame che, come in molti altri ambiti, necessiterebbe di un punto di vista quanto più oggettivo possibile dato che non mancano le voci discordanti come, ad esempio, quella della Coldiretti di Alessandria. Quest’ultima, nel corso del primo lockdown italiano del periodo primaverile, era scesa in difesa degli allevatori dopo che la chiusura delle attività industriali aveva portato ad una diminuzione dei livelli di biossido di azoto. Le industrie, però, sono un elemento irrinunciabile di progresso nelle moderne società occidentali.

il giornale.it

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