Rita Dalla Chiesa: «I radical chic furono ambigui con i terroristi. E oggi papà non gradirebbe…»

Nessuno dei tre figli, Nando, Rita e Simona  ha voluto presenziare a Palermo, alla commemorazione istituzionale per la strage di via Isidoro Carini, a Palermo. Lì il 3 settembre del 1982 furono uccisi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.  Nando Dalla Chiesa – così come gli altri figli dell’indimenticabile Generale- aveva impegni con l’Università in cui insegna. Ma è stato molto tagliente, come sempre:

Nando Dalla Chiesa: “Papà sgriderebbe diversi esponenti istituzionali”

“Oggi il decoro delle istituzioni troppo spesso sembra dimenticato. Le istituzioni non sono un giocattolo. Mio padre avrebbe sgridato, se fosse stato vivo, diversi esponenti istituzionali. E non parlo solo di politici. Quest’anno abbiamo visto tanti spettacoli inverecondi..”. Proprio in queste ore in cui si apprende che i boss mafiosi scarcerati sono ancora a casa loro; e che il ministro Bonafede ha mentito. Il richiamo di Nando si trasforma in atto d’accusa. La leader di FdI, Giorgia Meloni ha postato  un video fin dalle prime ore del mattino con le parole del Generale ucciso nel corso di varie interviste Poi scrive: “Per non dimenticare il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, un eroe caduto lottando con coraggio per liberare l’Italia dalla mafia. Grazie Generale”.

Coraggio che ha lasciato in eredità ai suoi familiari. Lo ricorda Rita Dalla Chiesa, la nota conduttrice e giornalista che ha scritto un libro molto toccante sul papà ”Rita – mi diceva –  se una macchina ti segue per due isolati volta all’improvviso e vai in una delle caserme più vicine. Giravo con una mappa di Montesacro, il quartiere dove abitavo allora e due volte ho avuto davvero paura”. Così, Rita dalla Chiesa, intervistata da La Stampa parla di suo padre. Il suo libro – Il mio valzer con papà (Rai libri)- è da poco in libreria.

Rita Dalla Chiesa: “Eppure in certi salotti intellettuali…”

Alla domanda: cosa l’ha spinta a scrivere proprio ora? Dalla Chiesa risponde: ”Volevano il ritratto di una famiglia cresciuta in caserma, spesso costretta a cambiare città. I ricordi di una ragazza adolescente e ribelle come sono stata. Ho accettato. A patto di ricostruire insieme alla storia famigliare anche il clima di quei terribili anni. Chi non li ha vissuti non può sapere cosa sono stati. Anni nei quali potevi perdere la vita solo facendo la fila alla posta. Sparavano a un simbolo, una divisa, non a un uomo. Anni cupi, di piombo. E non solo per la mia famiglia”. “E pure – annota fuori da ogni ipocrisia- c’era chi aveva atteggiamenti ambigui: in certi salotti intellettuali si pensava che i terroristi fossero solo ragazzi, non assassini”. Di suo padre ricorda inoltre che era: “Molto affettuoso, quando entrava a casa cambiava sguardo. In un ultimo biglietto, quasi premonitore, ci ha scritto “Voletevi bene sempre, come ora”. Amava la musica, adorava Mina e Celentano, Azzurro era la sua canzone”.

“E’ stato il primo uomo – afferma – a regalarmi delle rose, l’ha fatto ogni anno il 22 giugno, il giorno del mio onomastico.  Si è come spento quando è morta mamma. Viveva in una stanza blindata sulla Salaria. Finiva tardi di lavorare e spesso trovava chiusa la mensa dei carabinieri. I suoi uomini gli lasciavano un po’ di latte e della frutta in camera. Poi è arrivata Emanuela, un raggio di sole nella sua vita, anche se io ne sono stata gelosa, lo confesso”.

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