La leghista Borgonzoni presa a calci e schiaffi da una rom? Per la toga rossa se l’ha cercata: pena sospesa (video)

Aveva aggredito Lucia Borgonzoni prendendola a schiaffi e calci nel campo rom di via Erbosa (Bologna), dove la rappresentante della Lega si era recata per un sopralluogo, eppure, dopo una battaglia legale durata anni, la donna di etnia sinti ha praticamente ricevuto l’assoluzione. Era il 3 novembre 2014 quando la Borgonzoni, all’epoca consigliere comunale, aveva raggiunto l’insediamento insieme al collega Alan Fabbri (oggi sindaco di Ferrara) e ad alcuni giornalisti per ispezionare la zona occupata abusivamente. Furiosa per la presenza dei politici all’interno del campo, la 54enne Maria Teresa Tomasini si scagliò contro il gruppo. Borgonzoni fu insultata e poi presa a calci e schiaffi, come è stato immortalato anche in un video.

Accusata di violenza privata ed ingiurie, la donna sinti ha rischiato ben poco, dato che sono presto arrivate le prime giustificazioni. Il suo avvocato, ad esempio, aveva da subito chiesto addirittura l’assoluzione per legittima difesa, dal momento che la comitiva formata da politici e giornalisti aveva violato il diritto alla riservatezza della 54enne. Non solo. A finire nel mirino anche il blitz della Borgonzoni, non adeguatamente comunicato. Condannata a soli 20 giorni di reclusione dopo un processo di primo grado durato anni, in realtà la sinti non sconterà alcuna pena, dato che questa è stata di fatto sospesa proprio grazie alle attenuanti. Non è stata fatta menzione neppure di un risarcimento.

Persino la presenza di fotografi e giornalisti, che avevano raggiunto il campo nomadi per documentare quanto stava accadendo, ha giocato a favore di Maria Teresa Tomasini. Secondo il giudice Danilo Mastrocinque, infatti, la loro presenza“deve ritenersi priva di giustificazione”, come riferito da “LiberoQuotidiano”, ed è “con buona probabilità scaturita non tanto da esigenze di informazione ma da finalità di tipo propagandistico”. Inutile spiegare che la stampa si trovava all’interno del campo per fare il proprio lavoro, non certo perché chiamata da Lucia Borgonzoni. Il giudice ha chiaramente parlato di “una pratica giornalistica piuttosto diffusa volta a spettacolarizzare e strumentalizzare per scopi politici o comunque avulsi da esigenze istituzionali, circostanze che con la politica poco hanno a che vedere”.

Oltre alla presenza dei giornalisti, che pure si trovavano in una zona pubblica, anche lo stato d’ira in cui versava l’imputata sarebbe servito in qualche modo a giustificare le sue azioni ed a far scattare le attenuanti. “Io da consigliere comunale sono andata in uno spazio in cui i consiglieri possono entrare ero addirittura con la Digos. Stavo uscendo in quel momento e una persona è arrivata, mi ha schiaffeggiato, mi ha preso a calci e mi ha riempito di insulti. Non mi sembrava spaventata”, aveva raccontato la Borgonzoni, come riferito dal “Corriere della Sera”. “Non ci può essere un’area dove chi rappresenta i cittadini e il pubblico non può entrare”.

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