Omicidio Stefano Leo, 30 anni di carcere al tunisino che l’ha sgozzato “perché aveva un’aria felice”

Torino, 1 lug – È stato condannato a 30 anni di carcere Said Mechaquat, il ventinovenne di origini marocchine che il 23 febbraio 2019 ammazzò Stefano Leo, 33enne biellese, sgozzandolo con una coltellata sul lungofiume dei Murazzi. Il giudice Irene Gallesio ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Ciro Santoriello ed Enzo Bucarelli. «Siamo sempre stati fiduciosi e la sentenza ci ha dato ragione. La giustizia ha fatto il suo corso. Stefano è sempre con noi» questo il commento di Mariagrazia Chiri, la madre di Leo, dopo la lettura della sentenza. «La domanda di giustizia della famiglia ha trovato risposta – ha dichiarato il legale della famiglia Niccolò Ferraris  – Però non c’è nulla da festeggiare. Stefano è morto e non c’è nulla che questo possa mutare»Said si era costituito ai carabinieri 35 giorni dopo aver assassinato Il 33enne Leo. «L’ho ucciso perché era felice. Volevo colpire Torino con un omicidio che facesse scalpore», aveva spiegato agli investigatori. Dopo il suo arresto era emerso che l’uomo era già stato condannato a un anno e sei mesi per maltrattamenti in famiglia con una sentenza, diventata definitiva, che però non è mai stata eseguita.«L’ho visto, mi ha guardato e ho pensato che dovesse soffrire come sto facendo io», aveva ripetuto. «Ero sposato ma mia moglie mi ha lasciato. La mia vita fa schifo, va tutto male, ho anche litigato con gli assistenti sociali».Said aveva ammesso di non conoscere Leo, semplicemente il 33enne biellese si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, incontrando sulla propria strada una persona in preda a un raptus che lo ha sgozzato come un animale, senza alcuna pietà. Una mancanza di pietà che traspare anche dal racconto del marocchino: «Se l’avessi colpito alla schiena non sarebbe stata la stessa cosa, perché magari buchi il polmone ma lui non muore». Per essere sicuro di non lasciargli scampo, Said aveva specificato di aver «guardato meglio se l’ho colpito bene». Una volta certo del destino del giovane biellese aveva lasciato con rapidità la scena del delitto: «poi niente, l’ho superato».

«Faremo appello – dichiara il difensore dell’imputato, l’avvocato Basilio Foti – Quella di Said non è stata una confessione strumentale. Sapeva ciò che avrebbe dovuto affrontare. Sono certo che in appello la pena verrà sensibilmente e giustamente ridotta». A Stefano Leo, però, nessuno ridurrà la pena. 

Cristina Gauri

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