Pietro Senaldi e le promesse a vuoto di Giuseppe Conte: “Le fa perché sa che Pd e M5s sono inconciliabili”

La fortuna di Giuseppe Conte è che nessuno lo sta davvero ad ascoltare. Altrimenti gli italiani lo inseguirebbero con il mattarello. Il 6 aprile, con i camion dell’esercito che portavano via i cadaveri dagli ospedali, il premier ha promesso in tv davanti a tutto il Paese 400 miliardi per risollevare l’economia. Nel giro di poche ore erano già diventati 750, «liberati solo per le imprese». Ovviamente sono arrivate solo le briciole.

Mercoledì sera ha annunciato un altro piano per la rinascita, che prevede nuovo debito pubblico. Qualcuno deve avergli detto che, dai tempi della Grande Depressione e di Keynes, la prima ricetta per uscire dalle crisi sono gli investimenti in opere pubbliche. Per questo il premier ha annunciato altri lavori e soldi a pioggia, rispolverando niente meno che l’idea di costruire il Ponte sullo Stretto. Ennesima fanfaronata. Non abbiamo bisogno di unire Messina a Reggio Calabria per far ripartire il Paese. In Italia ci sono settanta grandi opere pubbliche, per le quali sono già stati stanziati i quattrini, ferme a causa della burocrazia. Lo ha ricordato al premier anche Matteo Salvini, e Conte non si è fatto scappare l’occasione di una nuova promessa: «Abbiamo urgenza di mettere in campo risorse, taglieremo drasticamente i passaggi burocratici eccessivi» ha annunciato l’uomo in pochette. Anche questa è una frottola. Mentre il premier parlava, la sua maggioranza litigava e rimandava. Il decreto legge sulle semplificazioni, quello che nel disegno del governo punta a ridurre i tempi della burocrazia e velocizzare i cantieri, era stato annunciato da Conte come «imminente» il 16 maggio. È tuttora fermo ai box, ingarbugliato in complicazioni sia tecniche, sia politiche, perché sull’argomento M5S e Pd hanno idee opposte.

I cinquestelle auspicano un modello Genova, tutto il potere a un commissario, codice degli appalti sospeso, gare veloci di 45 giorni e addio a tutto ciò che Grillo va dicendo da dieci anni a questa parte. Il Pd invece vorrebbe limitare l’intervento dei commissari alle opere più complesse e rivedere ma non sospendere il codice (blocca) appalti. Ieri Salvini ha incalzato il governo, sfidando Conte a passare dalle parole ai fatti: «Burocrazia zero, aliquota unica per famiglie e imprese e niente codice degli appalti; altrimenti siamo alle solite, solo promesse e parole, come per la cassa integrazione e i prestiti in banca agli imprenditori, inesistenti per milioni di italiani». Il premier, che ha invocato la collaborazione dalle opposizioni, non ha risposto. grande seduttore Il tema è quanto potrà durare la tattica di Conte del promettere e poi restare fermo. Il professore si comporta come un grande seduttore. Si pettina, si mette elegante e poi parte con l’affabulazione, fa i complimenti alla preda, le dice che è bravissima e la stordisce di parole alle quali non seguono mai i fatti. Risultato, milioni di cittadini sono sedotti e abbandonati, gli altri sono abbandonati e arrabbiati. Il giochino del premier non potrà però durare in eterno. Se, come è probabile, in autunno la crisi sarà peggiore di quella attuale, Conte si ritroverà lui abbandonato dai sedotti. A favore del professore di Volturara Appula finora sta giocando la proverbiale ignavia politica degli italiani. Trump, da che è esplosa la pandemia, ha messo ogni mese mille e duecento dollari nelle tasche di ogni americano e ha investito duemila miliardi per sostenere gli States. Cionondimeno, il Paese è in sommossa. Se Macron avesse fatto le stesse promesse del nostro premier senza mantenerle, i francesi avrebbero ripristinato la ghigliottina. Noi lasciamo che l’uomo che a gennaio ci aveva assicurato di essere «prontissimo» all’arrivo del Covid e ha fatto razzia di mascherine per sé e il suo staff a febbraio, quando diceva ai cittadini che non servivano solo perché non riusciva a procurargliele, oggi ci dica che «gli italiani hanno diritto a essere allegri». Ci aiuti lui, ci regali almeno un sorriso: se ne vada.

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