Reddito di cittadinanza, scandalo infinito: assegno anche alla moglie di un boss in carcere col 41 bis


Un nuovo terremoto si abbatte sul reddito di cittadinanza. Stavolta a Reggio Calabria, dove l’assegno lo percepiva anche la moglie di un boss della ‘ndrangheta. I carabinieri hanno svolto una generale azione di controllo e verifica dei percettori proprio per verificare la regolarità delle procedure. Chiaramente, sotto la lente d’ingrandimento l’effettivo possesso dei requisiti.

Reddito di cittadinanza, l’operazione “Dike”

L’operazione, denominata ”Dike” – dalla mitologia greca ”Dea della Giustizia” – ha permesso di scoprire una serie di irregolarità. Ben 18 i cittadini nel mirino, con un danno erariale complessivo stimato in circa 50.000 euro. Gli uffici competenti dell’Inps hanno immediatamente interrotto l’elargizione del sussidio.

Coniugi separati da tempo

Complessa la vicenda che ha riguardato due coniugi, separati da tempo. L’uomo si è visto bocciare più volte la richiesta di reddito di cittadinanza in quanto inserito fittiziamente nel nucleo familiare indicato nei documenti dalla ex moglie. Moglie che, a sua voltam aveva richiesto il sussidio.

L’assegno alla moglie del boss della ‘ndrangheta

I carabinieri hanno scoperto un eclatante caso in cui il reddito di cittadinanza arrivava a una donna che – nella documentazione – aveva “dimenticato” di segnalare che nel nucleo familiare non era più presente il marito. Si tratta di un importante boss della ‘ndrangheta ristretto in carcere da 6 anni per  una condanna definitiva per associazione mafiosa. È sottoposto al  regime restrittivo previsto dall’art.41 bis dell’ordinamento penitenziario.

Chi lavorava in nero, chi gestiva un’officina

Gli accertamenti hanno evidenziato molte irregolarità. A percepire il reddito di cittadinanza non solo persone che svolgevano lavoro “in nero” in bar, ristoranti e cantieri. Ma anche un gestore di una officina meccanica del tutto abusiva, con diverse autovetture in attesa. Non solo, scoperto anche il proprietario di un salone di parrucchiere che non solo percepiva il reddito di cittadinanza pur lavorando regolarmente, ma aveva formalmente chiuso l’attività quattro anni fa.

Il reddito di cittadinanza ai rumeni “furbetti”

Altra frequente tipologia di falsa attestazione ha riguardato la reale residenza e l’indicazione dei componenti del nucleo familiare. L’elargizione, infatti, è connessa anche all’effettivo “reddito familiare” e non solo del singolo richiedente. Una donna –  nata, cresciuta e residente in altra regione del nord Italia – ha dichiarato falsamente di vivere in un comune della Piana di Gioia Tauro. Cittadini rumeni hanno “aumentato” gli anni della residenza in Italia,da 2 a 10, in modo da poter ottenere il reddito di cittadinanza.

Pregiudicato falsifica il reale domicilio

Tra gli altri, emerge un pregiudicato locale che non solo ha falsificato il reale domicilio, ma negli atti compilati ha indicato come residenza un rudere fatiscente e in stato di abbandono. Rudere privo di servizi e utenze, inserito in un ampio fondo rurale.

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