Il caldo ammazzerà il virus? Ecco come muore in 2 minuti

Da quando è iniziata la pandemia del Covid-19, si è fatto un gran parlare se ci fosse qualche legame tra la diffusione del virus e le condizioni climatiche. Adesso sappiamo che il legame c’è e la temperatura è strettamente legata alla sua sopravvivenza.

“Sole, 24°C e tanta umidità”

Quindi, con il caldo estivo in arrivo, dovremo essere più fortunati e vedere una progressiva attenuazione della forza del virus ma bisogna, comunque, essere prudenti lo stesso. “Uno studio presentato il 24 aprile dal sottosegretario alla sicurezza interna Usa alla Casa Bianca (Bill Bryan, ndr) mostrerebbe che il virus soffre il caldo umido. Al chiuso, con 24°C e 20% di umidità può resistere su una superficie per 18 ore, con 35°C ed un tasso di umidità dell’ 80% la sua permanenza non supera l’ora. Se poi si è al sole bastano 24°C e lo stesso livello di umidità perché scompaia in due minuti”.

“Potremmo conviverci meglio”

È quanto affermato da Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Speranza ed esperto di sanità pubblica di fama internazionale, che in pratica spiega come il virus soffra il caldo e soprattutto l’umidità: più sono alti, minore è la sua resistenza. L’estate italiana, fatta per lo più da un clima caldo-umido potrebbe essere nostra allenata ma il Prof. invita a non abbassare mai la guardia. “Il virus circolerà lo stesso e dovremo continuare a rispettare le regole igieniche e sul distanziamento. Però potremmo conviverci meglio”, si legge su LaStampa.

“Con la luce solare muore più rapidamente”

Citato da Ricciardi, il sottosgretario Usa Bryan ha dichiarato alla Cnn come alcuni test abbiano dimostrato che “il virus muore più rapidamente in presenza della luce solare diretta in queste condizioni”, alludendo anche al fattore umidità. “La nostra osservazione più sorprendente finora è il potente effetto che la luce solare sembra avere sull’uccisione del virus, sia sulle superfici che nell’aria”.

Ecco la “cintura del Coronavirus”

Ma quali sono tutte le altre teorie che legano Covid-19 al clima? I primi studi sono stati effettuati da alcuni ricercatori dell’Università del Maryland che hanno indicato una sorta di “cintura del Coronavirus” dove il virus si è maggiormente diffuso e vive meglio: in pratica comprende tutta l’Europa, l’America centrale, il Medio Oriente fino ad arrivare a Cina, Corea e Giappone (nella cartina allegata è la fascia in verde).

Ebbene, il risultato di questa ricerca è che latitudine, temperatura e umidità definiscono precisamente uno stretto corridoio compreso tra 30 e 50 gradi di latitudine, dove le temperature medie sono tra i 5 e gli 11 gradi, l’umidità tra il 47 e il 79% ed è dove la malattia è esplosa in modo più grave. I conti tornano: fino a questo momento, la temperatura media di questa fascia climatica ha, effettivamente, favorito in modo enorme la diffusione del Covid che adesso comincia ad essere meno intensa in concomitanza di valori termici via via più alti.

Lo studio italiano

Tre indizi fanno una prova, si dice, ma qui ne abbiamo molti di più: Francesco Gentile Ficetola e Diego Rubolini, ricercatori dell’Università degli studi di Milano, hanno condotto un’indagine approfondita sulla vitalità del virus Sars-Cov-2 in relazione ai differenti parametri climatici. Anche in questo caso, si è visto come il virus viva meglio in condizioni di freddo secco predilegendo una temperatura attorno ai 5°C e un’umidità compresa tra 0,6 e 1 kilopascal.

La forza maggiore del virus: 3-13 gradi e clima secco

Un altro studio americano condotto dal Mit di Boston sui dati raccolti dalla Johns Hopkins University di Baltimora evidenzia come il numero maggiore di casi di Coronavirus si sia verificato in tutte quelle zone con temperature comprese fra i 3 ed i 13°C. Al contrario, Paesi con temperature medie superiori a 18°C hanno visto meno del 5% dei casi totali. L’esempio è lampante negli Stati Uniti, dove i Paesi del sud (Texas, Florida e Arizona) hanno registrato finora un tasso di crescita più lento rispetto agli stati del nord (come Washington, New York e Colorado).

I francesi: “Muore solo a 90 gradi”

L’unico studio che, fin qui, smorza le speranze della morte estiva del virus è stato condotto in Francia, dove alcuni ricercatori hanno riscaldato il virus in due provette per testarne la resistenza: entrambe sono state inizialmente sottoposte a 60°C per un’ora. Nella prima, non tutti i ceppi del virus sono stati distrutti ma, anzi, si sono anche riprodotti. Nella seconda, invece, sono morti tutti. La temperatura è stata portata a 92°C per 15 minuti di esposizione. Durante questo esperimento la distruzione è stata totale ed il virus stroncato.

il giornale.it

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