Nuova grana per Zingaretti, si ingrossa l’affaire “mascherine fantasma”

C’è chi l’ha definito un “bluff”, chi ha parlato di “truffa” e chi ha gridato allo “scandalo”. In realtà assomiglia di più ad un romanzo giallo, che di giorno in giorno si infittisce.

Sembra proprio che il caso della maxi-partita di 8 milioni e mezzo di mascherine, commissionata dalla Regione Lazio alla società italo-cinese EcoTech srl, non sia la sola a non essere arrivata a destinazione. La storia è rimbalzata sulle pagine dei quotidiani nazionali, provocando imbarazzo e irritazione al governatore Nicola Zingaretti, che l’ha definita “l’ennesima bufala politica”.

È vero, la Regione ha già anticipato all’azienda il 50 per cento dell’intera commessa. Ed è anche vero che la prima prima partita era attesa dalla Cina per il 18 marzo. Ma no, non si tratta di una “truffa”. Stando a quello che raccontano dallo staff del governatore, infatti, la EcoTech srl onorerà il suo debito ed entro la fine della prossima settimana arriveranno le prime forniture. Caso chiuso? Non si direbbe. Le opposizioni non sono affatto convinte, e continuano ad indagare. Inizia così un nuovo capitolo dell’affaire “mascherine fantasma”. La scoperta è surreale: spuntano nuovi affidamenti, nuove società, nuovi anticipi e soprattutto nuove mascherine che mancano all’appello. “Sembra che l’affidamento diretto finito agli onori delle cronache sia solamente l’ultimo in ordine di tempo di altri due precedenti affidamenti falliti”, denuncia la consigliera regionale della Lega Laura Corrotti. È lei ad aver notato alcune determinazioni regionali “sospette”.

La prima, del 2 marzo, con cui la Pisana ha affidato alla ditta Ad Medical srl la fornitura di 490mila mascherine Ffp2 e 110mila mascherine Ffp3 per un importo complessivo di 2.629.100,00 euro. La seconda, che risale invece al 18 marzo, ha ad oggetto la fornitura di “dispositivi di protezione individuale vari” affidata alla Worldwide Luxury srl per un valore di 4.2842.298,40 euro. In entrambi i casi la Regione aveva anticipato a titolo di acconto il 50 per cento della cifra pattuita per poi disporre la risoluzione dei contratti e la restituzione degli acconti versati con provvedimenti successivi. Lo schema è sempre lo stesso, e la Corrotti adesso vuole vederci chiaro. Sfortuna? Superficialità? E quanto hanno inciso le commesse naufragate sulla capacità di affrontare e contenere l’emergenza sanitaria? Non dimentichiamoci che quelle mascherine sarebbero dovute andare alle categorie di professionisti in trincea: medici, infermieri, volontari.

Così l’esponente del Carroccio ha protocollato un’interrogazione urgente al governatore “per capire quali siano stati i criteri di scelta utilizzati dall’Agenzia regionale di Protezione civile per individuare i soggetti affidatari delle forniture dei dispositivi di protezione individuale, indispensabili per il personale sanitario che fronteggia in prima linea l’emergenza Covid-19, e per chiedere se l’insufficiente approvvigionamento degli stessi nel territorio laziale, in particolare nella fase iniziale dell’emergenza, sia imputabile alla criticità derivante dalle risoluzioni contrattuali verso i fornitori inadempienti ed eventualmente all’inadeguatezza dei criteri e delle procedure di selezione”. È chiamato in causa anche il capo della Protezione civile regionale, Carmelo Tulumello, a cui la Corrotti chiede “chiarezza sulle nuove procedure di affidamento delle forniture” e sulle “eventuali responsabilità su questo pasticcio”. E la saga continua.

il giornale.it

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