Pronto il bazooka di Mes e Bei

“È diventata una discussione politicamente tossica. In alcuni Paesi la parola eurobond non si può pronunciare mentre in altri Paesi la sigla Mes viene percepita come un meccanismo che invita la Troika a casa”. Quello che l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, sentito in queste ore dall’agenzia Agi, non coglie è la frammentazione che l’Unione europea non riesce mai a colmare. Una frammentazione che non è semplicemente politica, ma che pervade le fondamenta dell’intera istituzione. Il dibattito sugli strumenti europei più adatti a finanziare gli Stati, che sono stati travolti della crisi innescata dall’epidemia di coronavirus, ha svelato (ancora una volta) non solo i limiti della Commissione Ue e della Bce ma anche gli egoismi dei singoli Paesi membri. Tanto che, anche quando  cambiano le ricette usate per risolvere l’emergenza, restano i soliti vecchi schemi che in passato hanno generato squilibri e conflittualità.

A capitanare il fronte del rigore sono sempre le cancellerie del Nord Europa

Dopo aver alzato il muro nelle scorse settimane, Berlino si è tuttavia convinta a mediare. Ma non dobbiamo farci trarre in inganno. Secondo le ultime indiscrezioni, infatti, Angela Merkel sarebbe disposta a concedere “massima flessibilità sulla condizionalità per
accedere a una linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità (Mes)” in cambio di “un meccanismo leggero di verifica di come gli Stati membri spendono i soldi”. Cosa intendano con “leggero” non è dato saperlo. Resta il punto che chi accederà al credito dovrà rendere conto di come spenderà i fondi europei. Chi deciderà se sono stati distribuiti bene? Secondo quali criteri? E, se il programma non dovesse piacere a Bruxelles, cosa succederà? Si incorrerà in sanzioni? Per il momento tutte queste domande sono affidate all’estenuante trattativa che si è aperta oggi in vista dell’Eurogruppo di martedì prossimo.

Gli sherpa dei ministri delle Finanze della zona euro sono già in movimento. Secondo quanto apprende l’agenzia Agi da fonti europee, la Germania, che continua a opporsi all’introduzione di eurobond e coronabond, è disposta a dimostrarsi “il più flessibile possibile con la condizionalità”. “Siamo pronti alla solidarietà – ha spiegato nelle scorse ore il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz – ma a una solidarietà ben pensata”. Anche dal Mes è arrivato lo stesso diktat. “Fondamentalmente – ha messo le mani avanti il direttore generale, Klaus Regling – ci basterebbe essere sicuri che i soldi siano spesi in modo corretto e che il Mes venga ripagato un giorno”.

Il board del Mes (Alberto Bellotto)
Il board del Mes (Alberto Bellotto)

L’impasse sembra, al momento, insormontabile. A Bruxelles, però, i falchi sarebbero propensi a tenere la linea di “usare le istituzioni esistenti con i meccanismi esistenti”. I tempi necessari a creare un nuovo strumento di debito europeo sarebbero, a detta dei tedeschi, troppo lunghi. Da qui l’idea di affidarsi a vecchi strumenti che già oggi si possono attivare attraverso un “intervento combinato” del Fondo salva Stati e della Banca europea per gli investimenti (Bei). La bozza, secondo un’indiscrezione riportata da Dagospia, prevederebbe l’introduzione di “obiettivi mirati e limitati a sanità, ricostruzione e investimenti in determinati settori.

Sebbene persino il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si stia dimostrando favorevole ad allentare “i criteri di condizionalità”, prevedendo che “i requisiti di politica economica non vengano espressi in modo così severo come con i classici crediti d’aiuto”, il sistema che stanno congegnando a Bruxelles non sembra poi così diverso rispetto al vecchio Mes che armava la Troika mettendo in ginocchio quei Paesi che ne facevano ricorso. Anche perché la Merkel starebbe premendo affinché la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, reintroduca il patto di stabilità non appena non ci sarà più l’emergenza coronavirus. Il ché farà scattare, prima o poi, i vecchi vincoli sui conti pubblici in rosso come il nostro. “La politica – ha già messo in chiaro il numero uno della Buba – non deve ritenersi scaricata dalla responsabilità”.

il giornale.it

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