Roma, morto il primo rom per coronavirus. “Situazione nei campi nomadi esplosiva”

Roma, 26 mar – Tra i 15 decessi per coronavirus avvenuti ieri a Roma vi è da registrare anche quello di un 33enne rom ricoverato allo Spallanzani l’11 marzo scorso. L’uomo, di origini montenegrine e membro della comunità rom residente al Quarticciolo, era in rianimazione dopo avere accusato i primi sintomi del virus in un appartamento delle case popolari di via Molfetta. Subito dopo il trasporto era stato sottoposto a tampone per Covid-19, al quale era risultato positivo. Altri quattro componenti del suo stesso nucleo famigliare, tutti residenti nella stessa abitazione sono parimenti risultati positivi al test.

Nel frattempo sono in corso le verifiche, effettuate dalle autorità sanitarie, per stabilire la lista di contatti del deceduto avvenuti prima del ricovero allo Spallanzani. In particolar modo l’attenzione è rivolta ai parenti del 33enne residenti nel campo nomadi di via Salvati, una struttura abitata da decine di nuclei famigliari in condizioni igienico sanitarie da che definire precarie è un eufemismo. In piena epidemia di Covid-19, i rischi per la salute dei nomadi, e quindi dei cittadini romani che vivono nelle vicinanze di tali campi, sarebbero altissimi. La polizia locale di Roma Capitale in queste ore è impegnata, a questo proposito, nelle operazioni di vigilanza degli accessi nei campi, monitorando costantemente, oltre al transito delle persone – non è consentita l’uscita a più di un membro di nucleo famigliare per volta –  anche all’ingresso e all’uscita delle merci introdotte nei campi. Purtroppo, la maggior parte dei campi non ha recinzioni e quando ci sono, sono facilmente superabili dai rom che sono così liberi di circolare indisturbati.

Intanto, il Campidoglio non ha varato alcun provvedimento straordinario per i rom e per i villaggi tollerati, che nella Capitale sono 9, con una popolazione di 3.446 unità, tra cui 1.601 minori. Discorso a parte per gli abusivi, concentrati soprattutto nel quadrante Nord-est di Roma. «Nei villaggi di Lombroso, Candoni, Gordiani, Castel Romano e Salone vivono in container sovraffollati circa 2.200 persone, la metà minori, e non è stata segnalata la presenza di operatori sanitari, nessuno ha distribuito mascherine e nessuno ha indicato le misure di prevenzione. Attivare la Croce Rossa», è l’appello dell’Associazione 21 luglio e di Nuova Vita.

Cristina Gauri

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