Ladri, rapinatori e spacciatori. Ecco chi uscirà dalle carceri

Qualcuno l’ha già definita la “svuotacarceri virale”. Grazie, o per colpa, dell’ultimo decreto sul coronavirus, detenuti di tutta Italia potranno uscire dalle patrie galere prima del tempo.

Una platea potenziale di circa 12mila persone, tra spacciatori, rapinatori, ladri e truffatori che potranno beneficiare degli arresti domiciliari e scontare quel che gli resta della pena sul divano di casa.

La norma in materia penitenziaria è contenuta nel “Cura Italia” ed è uno degli effetti dell’avanzata italiana di Covid-19. I primi casi di contagi registrati dietro le sbarre spaventano il ministero, visto che l’epidemia in carcere sarebbe difficilmente contenibile. A fronte di una capienza massima di 51mila posti, gli istituti di pena devono fare i conti con oltre 61mila detenuti e mantenere la distanza di un metro tra le persone è quasi impossibile.

L’articolo 123 del decreto approvato lunedì in Consiglio dei Ministri fissa alcune regole. Potranno presentare istanza per gli arresti domiciliari solo quei detenuti cui resta da scontare una pena fino a 18 mesi. La domanda è: chi potrà lasciare la cella? Lo “svuotacarceri” esclude dalla platea dei beneficiari chi è stato condannato per terrorismo e delitti contro la pubblica amministrazione (peculato, corruzione, concussione), ma anche per mafia, violenza sessuale, riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, maltrattamenti in famiglia, atti persecutori (stalking) e un’altra lunga lista di reati gravi. Il problema è che restano fuori altrettanti crimini. Potranno uscire per esempio i condannati per furto, furto in abitazione e con strappo. Benevolenza ci sarà anche per i truffatori. Per quanto riguarda i rapinatori, il discorso si invece complica: resta dietro le sbarre chi ha commesso una rapina aggravata, ma potrà andare a casa chi è colpevole “solo” della rapina semplice. Stesso principio per lo spaccio: il dl terrà in galera chi ha fatto parte di una “associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti” o chi è stato condannato per la fattispecie aggravata della produzione e traffico di droga. Ma premia i piccoli “spacciatori di morte” (Salvini dixit). Possono infine sperare, per esempio, anche i condannati per reati finanziari, inquinamento ambientale e omicidio stradale o colposo.

Va detto che il decreto pone alcune limitazioni. Non verranno concessi i domiciliari a chi è stato dichiarato delinquente abituale, professionale, o per tendenza; ai detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare per via di comportamenti scorretti in carcere; e neppure a chi nell’ultimo anno è stato sanzionato per infrazioni disciplinari o è stato coinvolto nelle sommosse dello scorso 7 marzo. Inoltre, se il magistrato di sorveglianza adotterà il provvedimento, il detenuto dovrà indossare il braccialetto elettronico (a meno che la pena da scontare non sia inferiore ai sei mesi).

La norma voluta da Bonafede in realtà non soddisfa quasi nessuno. Si lamenta l’associazione Antigone, secondo cui le misure “non bastano” perché dietro le sbarre “è a rischio la salute pubblica”. Protesta l’Unione delle Camere Penali, che sottolinea come i braccialetti elettronici siano “insufficienti” ad alleggerire la “situazione esplosiva delle carceri”. Ma dall’altro lato s’indigna pure la Lega, che parla di “un vero e proprio premio per i delinquenti dopo le rivolte delle ultime settimane che hanno provocato 13 morti, 70 poliziotti feriti, decine di evasioni e danni per quasi 35 milioni”. Una “resa dello Stato ai violenti” che, secondo Valter Mazzetti, Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato, “vanifica il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura”. Basti pensare che potrà chiedere i domiciliari pure chi ha pestato, minacciato un poliziotto o commesso resistenza a pubblico ufficiale. “Il provvedimento non risolverà nessun problema – dice Federico Pilegatti, del sindacato degli agenti penitenziari Sappe – ma si vede che scarcerare qualche migliaio di detenuti per questi incompetenti sia la panacea di tutti i mali”.

il giornale.it

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