“I polmoni restano a rischio per i guariti più anziani”

Guarire dal coronavirus? Molti ce la fanno in scioltezza: dopo febbre e qualche colpo di tosse, dichiarano la fine dell’incubo dalla poltrona di casa.

Molti altri escono dal tunnel dopo giorni in reparto ospedaliero imbottiti di antivirali e magari aiutati da un supporto respiratorio. I più sfortunati, e crescono di giorno in giorno, finiscono in terapia intensiva. -E quelli che ne escono, come ne escono? E quando possono dichiararsi guariti? «Bella domanda» esordisce Francesco Blasi, ordinario di malattie respiratorie all’UniMI e direttore del Dipartimento di Medicina Interna e di Pneumologia del Policlinico di Milano. Il super esperto è alle prese con l’incremento di posti letto di terapia intensiva a favore dei pazienti gravi affetti da Covid. Al Policlinico di Milano sono stati già attivati 150 letti, di cui un terzo ad alta intensità di cura e in questo drammatico momento ammette che la scienza è ancora disarmata al riguardo.

NESSUNA CASISTICA «In realtà nessuno può sapere cosa succederà a queste persone perché non c’è ancora letteratura scientifica. Solo tra sei-otto mesi cominceranno ad uscire lavori sulle conseguenze della polmonite massiva. Dalla Cina per ora ci arrivano solo dati sulla fase acuta e sul trattamento».

LA SINDROME DA DISTRESS La cautela è d’obbligo di fronte al nuovo nemico invisibile. Che però provoca, nei casi più gravi, una patologia ben nota agli esperti: l’Ards, sindrome da distress respiratorio acuto, una polmonite che danneggia in maniera importante il polmone profondo che è addetto allo scambio respiratorio. «Quando si verifica questo danno i pazienti vanno intubati perché hanno bisogno di una grande quantità di ossigeno, fino a più di 60 di ossigeno al minuto al posto dei normali 8 L di aria che contiene circa il 20% di ossigeno. Solo in rianimazione si riesce a far riposare i muscoli respiratori del soggetto che vanno in stanchezza a causa dello stress respiratorio».

FUORI DALLA RIANIMAZIONE Quando il paziente migliora e viene estubato, si contano i danni dei farmaci, della febbre e dell’infiammazione. Il corpo va in atrofia, c’è un calo di peso corporeo, ci sono problemi di ripresa generale.

GIOVANE UOMO Anche se si è in perfetta forma e sportivi, come il paziente numero Uno, di Codogno, di 38 anni, si può restare in rianimazione per molti giorni. Ma dal punto di vista scientifico si sa che durante una gara agonistica lo stress fisico causa un momentaneo calo delle difese immunitarie e questo può spiegare il grave andamento in una persona apparentemente sana e sportiva. In genere, però, chi vive questa brutta esperienza ne esce anche in fretta. «In un giovane possono bastare dalle tre alle sei settimane per recuperare appieno. Ma serve innanzitutto una buona riabilitazione respiratoria» spiega Blasi.

ADULTO Dopo l’evento acuto è meno facile il recupero nell’adulto che può durare mediamente dai sei ai dodici mesi. E, in due casi su dieci, il ritorno alla normalità può non essere completo e potrebbero persistere delle anomalie della funzionalità respiratoria. «Bisogna comunque avere un grande danno per avere ricadute gravi» precisa l’esperto.

ANZIANO Per chi è in età avanzata, è più complicato guarire del tutto, soprattutto se esistono altre patologie. «Il danno al polmone difficilmente si riesce a risolvere spiega Blasi – va quindi compensato con farmaci e ossigeno. E dopo una polmonite la recidiva è intorno al 10-15% nei due anni successivi».

il gfiornale.it

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