Napoli, ad una settimana dalla notte di follia indagato solo il carabiniere

È passata una settimana da quella notte infernale nella quale tra le strade della città partenopea è successo di tutto. Eppure, fino ad ora l’unico ad essere indagato è il militare che ha sparato contro il minore che è accusato di omicidio volontario. Nulla si sa di chi ha devastato il nosocomio e di quanti hanno esploso colpi d’arma da fuoco contro la sede del comando provinciale dei carabinieri come forma di vendetta per la morte dell’adolescente.

Alcuni elementi, però, fanno presumere che le due azioni che sono seguite alla morte dell’adolescente siano state architettate dalla camorra. Un risposta violenta per riaffermare che la criminalità a Napoli è forte e per lanciare un messaggio di mobilitazione. La famiglia Russo non ha legami con la camorra, così come ne aveva Ugo. Ma il quadro in cui si è consumata la tragedia è complessa. un investigatore napoletano di grande esperienza ha raccontato a La Verità che “le rapine dei Rolex, l’orologio che il carabiniere indossava quella notte, sono gestite e controllate dai clan che guadagnano decine e decine di migliaia di euro al mese dalla ricettazione in Italia e all’estero dei pezzi più pregiati”.

Per fare ciò “esistono vere e proprie “paranze” di giovanissimi criminali che fanno apprendistato camorristico in questo modo. I più abili, i più violenti, i più intraprendenti, alla fine, entreranno a far parte, a tutti gli effetti, delle cosche”. L’ombra della camorra in questa vicenda è forte perché, secondo il giudizio dell’investigatore, “sarebbe impossibile per un ragazzetto dell’età di Ugo piazzare sul mercato della refurtiva un orologio rubato. Né possiamo immaginare che, quello al militare, fosse un colpo improvvisato visto che, nelle tasche del ragazzo, i medici dell’ obitorio hanno ritrovato un altro Rolex, provento con tutta probabilità di un raid avvenuto poche ore prima”.

Ciò fa supporre che i ragazzini compiono le rapine e poi un’organizzazione più potente si occupa di smerciarli dando ai baby criminali una piccola percentuale. I sospetti sono tutti concentrati sul clan capeggiato dal boss Eduardo Saltalamacchia, colui che comanda nella zona di Montesanto dove, tra l’atro, è situato l’ospedale devastato. Le telecamere presenti all’ingresso del Vecchio Pellegrini hanno ripreso almeno una cinquantina di persone in azione. Servirà del tempo ma le forze dell’ordine risaliranno agli autori del raid. Qualcuno sarebbe già stato identificato.

I genitori di Ugo hanno subito preso le distanze da quanto avvenuto tanto che hanno chiesto a parenti ed amici di risarcire, per quanto possibile, il presidio ospedaliero. “Siete tutti dispensati dai fiori”, ha dichiarato il padre del 15enne tramite l’avvocato Antonio Mormile. “Vi chiedo- ha spiegato- di donare 1 euro al Pellegrini per ogni fiore che avreste portato a mio figlio”.

In questa storia si parla poco di Irina, la 39enne ucraina morta proprio nelle ore dell’assalto al pronto soccorso. La donna è stata massacrata di botte dal compagno ed è spirata dopo quindici giorni di agonia. La mamma, parlando con Repubblica, ha chiesto di sapere se ci sia un legame tra il decesso della figlia e la devastazione dell’ospedale. Le indagini dovranno chiarire anche questo.

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