Renzi, show anti manette. Poi accetta il tetto al 5% e offre la tregua a Conte

Il «penultimatum» di Renzi è durato giusto qualche giorno, quanto basta per prendersi la scena ma senza rischiare di far saltare veramente un governo in cui l’ex premier vuole ancora tenere dentro un piede, almeno fino alla tornata di nomine nelle partecipate pubbliche.

E così, dopo aver portato al massimo la tensione con la minaccia di sfiduciare Bonafede e la richiesta di un faccia a faccia definitivo con il premier Conte, ecco il colpo di spugna con la scusa del rischio epidemia. Dopo aver detto all’assemblea nazionale di Iv «basta polemiche, mettiamo in quarantena le discussione, ora tutti insieme per fronteggiare il Coronavirus, non siamo chiamati a una muscolare prova di forza ma a farci carico delle preoccupazione degli italiani», Renzi fa uscire sulle agenzie la proposta di tregua da recapitare al premier e agli alleati di governo. Un rinvio sine die dell’incontro con Conte, previsto per settimana prossima e sollecitato proprio da Renzi. Invece ora non è più urgente capire se Italia viva può sostenere ancora il Conte bis, ora «la priorità è gestire l’emergenza, l’incontro con il governo verrà dopo», fanno sapere fonti di Iv. «Quando Conte, che conosce bene la situazione dell’emergenza, ci chiama noi siamo pronti».

Del resto, dice Renzi ai suoi, il suo progetto «non è di far cadere il governo, ma di farlo rialzare. Non vogliamo creare difficoltà ma superarle». Insomma dopo gli ultimatum la palla è stata ributtata a Palazzo Chigi, come conferma la ministra renziana Bellanova («Sarà Conte a dirci se possiamo proseguire insieme»). Il solito schema renziano fatto di accelerazioni e frenate subito prima dello scontro, per incassare visibilità ma senza rompere davvero con M5s e Pd. Chi nel centrodestra, a partire da Silvio Berlusconi, nutriva dubbi sulla reale volontà renziana di staccare la spina a Conte, ha avuto conferma del bluff.

La tattica stop and go dell’ex premier però è fatta anche di attacchi frontali agli alleati. Il tema scelto da Renzi come bandiera è quello della giustizia, con i paletti alla riforma Bonafede sulla prescrizione. Ieri all’inaugurazione dell’Anno giudiziario delle Camere penali italiane a Brescia, il leader Iv ha preso nuovamente di mira il ministro grillino della Giustizia: «Noi siamo la terra di Beccaria non di Bonafede. Nel nostro Dna c’è l’idea che un cittadino è colpevole soltanto dopo una sentenza passato in giudicato e non è il lusso di qualche avvocato che fa l’interesse dei suoi clienti, la battaglia contro la prescrizione è una battaglia nell’interesse per il paese. Quando si capirà che tra garantismo e giustizialismo c’è la stessa differenza tra democrazia e dittatura allora avremo vinto la battaglia di civiltà» ha detto il senatore di Scandicci, prendendosi gli applausi degli avvocati di fronte ai quali si esibisce in uno show garantista.

Quanto al voto anticipato, Renzi usa la metafora del Monopoli per far capre che non vuole affatto le urne (Iv è data tra 4-5%, mentre Calenda esclude «rapporti a livello di politica nazionale col mondo renziano»): «Se si vota adesso si torna a vicolo corto, senza passare dal via e senza le 20mila lire e i cittadini ci denunciano per stalking. O siamo nelle condizioni di mettere i cittadini di poter decidere o tornare a votare è inutile». E dalla Boschi arriva un altro segnale di pace agli alleati. Iv non si opporrà ad una legge elettorale con soglia di sbarramento al 5% come prevede l’accordo Pd-M5s, ma «senza il diritto di tribuna ai partiti più piccoli», spiega l’ex ministra. Il regolamento di conti è rinviato, le priorità per i renziani sono altre. Il virus, certo. Ma anche allontanare le urne.

il giornale.it

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